Recensione: The Hunting Party

Di Edoardo Turati - 27 Novembre 2024 - 16:00
The Hunting Party
Band: Blind Ego
Etichetta: Gentle Art Of Music
Genere: Progressive 
Anno: 2024
Nazione:
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79

Blind Ego, per chi non lo conoscesse, è l’appellativo del progetto solista di Karlheinz “Kalle” Wallner, il chitarrista degli RPWL band tedesca dedita a un prog rock di matrice moderna attiva sin dall’alba del nuovo millennio. Wallner con quest’ultimo The Hunting Party (uscito poco meno di un mese fa) giunge al traguardo del quinto studio album (cui si aggiunge più un live del 2017 relativo al tour dell’ottimo Liquid; insomma non parliamo di un mero sfogo artistico legato a un preciso momento esistenziale, ma di un’idea, un proposito ben chiaro e definito di percorso artistico.

Kalle si accompagna ad artisti ogni volta diversi, ma sempre di calibro elevato, basti pensare che tra le file hanno militato musicisti come Clive Nolan, Iggor Cavalera, John Mitchell e Arno Menses. In quest’ultima fatica, è sempre ovviamente presente Yogi Lang tastierista e coproduttore dell’album, mentre il ruolo di cantante è stato affidato al semi-sconosciuto (almeno per il sottoscritto) Kevin Kearns, comunque autore di una buona e credibilissima interpretazione.

I Blind Ego sono il respiro più rock e metal di Wallner dove riesce a dare sfogo e a far emergere le meravigliose 6-corde che diventano protagoniste assolute di tutti i suoi album. Come per le precedenti uscite anche questa volta i testi sono stati scritti insieme all’autore e scrittore Dominik Feiner, anche se la particolarità rispetto al passato è che la musica è stata plasmata attorno ai testi scritti prima per intero, il che rende ovviamente più sfidante sia la composizione che l’arrangiamento.

L’opener è affidata a “The Hunting Party” che oltre a dare il nome al progetto restituisce subito le coordinate sonore dell’intero pacchetto musicale. La partenza è molto intima con echi gilmouriani che dopo poco decolla in un bel rock moderno con ottimi refrain accattivanti e facilmente fruibili. La chitarra ha ovviamente il suo spazio e se lo prende con naturalezza e disinvoltura realizzando un veloce e intenso assolo che funge da bridge per la seconda metà del brano sempre grintosa ed energica.

Nell’immediato prosieguo è già momento di una ballad. La seguente “The Stranger” è una splendida semi-ballad ma col vestito massiccio del rock classico. Melodia ed energia sono i caratteri distintivi di questo brano che trascina e cattura dall’inizio alla fine. “Spiders” gioca a fare l’amore con il metal, ma senza raggiungerlo mai.

La batteria tiene in piedi un ottimo groove e la chitarra sferza l’aria come un antico spadone medievale per donare l’effetto epico e rapsodico voluto da Wallner; il refrain è molto melodico ma Kearns ci piazza un paio di urla per irrobustirlo e non abbassare la guardia. Quello che ne viene fuori è senza dubbio il pezzo più “pesante” del disco. Kalle gioca con l’ascoltatore cambiando ancora registro con la successiva “Boiling Point”; il brano propone un rock alternativo molto sincopato che lascia largo spazio alla voce ovattata di Kerns, qui probabilmente nella sua migliore interpretazione dell’album. La scrittura è molto piacevole e sicuramente ricercata senza cedere mai al fascino dell’user friendly.

I greci lo chiamano pathos, i Blind Ego la chiamano “In a Blink of an Eye”, ossia la capacità di suscitare un’intensa emozione raggiungendo una totale partecipazione. Questo il migliore dei pezzi del disco, avendo la perizia di trasportare l’ascoltatore in un’atmosfera pregna di sentimento, passione, emozione ma anche consapevolezza. La chitarra è struggente, e tutta la musica ti avvolge come un rinvigorente fuoco scoppiettante in una baita tra le montagne innevate. Un meraviglioso regalo.

La penultima traccia è ancora sorprendente per varietà, “Breathless” infatti parte come un thriller in pieno stile Korn ma senza abbandonare mai la melodia e l’armonia. La batteria di Cristhoph fa un eccellente lavoro incollandosi ai battiti del cuore di chi recepisce la gravosità del momento. Brano più prog che mai, che non lascia a spazio a ripensamenti e chiude ostinato esattamente così com’era partito. Chiude il disco non a caso “When the Party’s Over”, una nostalgica e malinconica ballata che non vuole essere un semplice commiato, ma la promessa di tornare insieme a navigare l’anima dell’Ego Cieco e del suo mondo disincantato e profondamente realista.

Com’è andata, vi chiederete… be’, i Blind Ego ci sanno davvero fare, e avrebbero potuto alzare ancora alzare di più l’asticella, se avessero avuto un singer ancor più di spessore, capace di adattarsi e plasmarsi al meglio alle mille idee e deviazioni musicali di Kalle. Però una cosa potete farla, regalatevi un ascolto diverso dal solito con una musica raffinata e ricercata accompagnata da soluzioni sempre pregiate, che sanno dare freschezza e respiro, con una visione anticonformista verso un genere ultimamente piatto e scontato.

 

You can always be the hunter but also the hunted

sta a te sceglier cosa vuoi essere

 

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