Recensione: The Infinite Wonders of Creation
Facciamo loro la paternale per manifesta incompletezza, per il tragico destino che li ha resi estremamente inferiori a noi.
Questo è un errore, un grosso errore. Perché gli animali non dovrebbero essere misurati secondo gli standard dell’uomo. Gli animali c’erano prima di noi e sono dotati di un’estensione dei sensi che abbiamo perso o mai ottenuto, sentono voci che noi mai udiremo. Non sono fratelli, non sono nostri sottoposti; sono un’altra nazione, intrappolati con l’uomo nella rete della vita e del tempo, compagni nella prigionia dello splendore e del travaglio terrestre.
Henry Beston, 1925
Torna a far parlare di se, il musicista italiano più rappresentativo, Luca Turilli, che rilascia ed esporta con una certa costanza l’ennesimo prodotto appartenente alla famiglia “Hollywood Metal”, The Infinite Wonders of Creation, che va a completare la trilogia solista iniziata nel 1999 con l’arcano disegno fantasy di King of the Nordic Twilight bissato dalle battaglie futuristiche nelle galassie di Prophet of the Last Eclipse.
Col nuovo disco si ritorna in un presente ecologico alla ricerca di risposte inerenti a questioni attuali; tutto gira intorno a madre natura e agli spiriti elementali messi a dura prova dalla cecità dell’uomo che rischia di distruggere un mondo che non gli appartiene sopraffatto dall’istinto di possessione. E’ un re illegittimo.
Comprensibile ed evidente il cambio di direzione operato da Luca che, si rapporta ad un genere che a fatica regge il confronto con gli antichi albori metallici elaborati nel primo lustro dell’ultimo decennio.
Perfino il fedelissimo Olaf Hayer pare aver perduto a singolar tenzone il duello con l’armonioso incedere vocale di Bridget Fogle che sovradimensiona un disco che deve essere ormai considerato una colonna sonora cinematografica.
Le epiche cavalcate che un tempo volavano attraverso l’ausilio della chitarra elettrica e della tastiera, oggi sono state soppiantate da mega rappresentazioni teatrali condizionate da micidiali riverberi orchestrali, da poderose sferzate corali e per metà lavoro, da un soprano sul quale ricade una responsabilità oggettiva nettamente superiore a quella del “povero” Olaf. Innegabile.
Line Up:
Olaf Hayer: voce maschile
Bridget Fogle: voce femminile
Luca Turilli: chitarre e tastiere
Sascha Paeth: basso
Robert Hunecke-Rizzo: batteria
Fa un po’ specie dover accostare il nuovo lavoro di Turilli alle sonorità degli olandesi Epica o degli austriaci Edenbridge eppure, il filo conduttore che lega questi nomi non è poi così distante da questo The Infinite Wonders of Creation e non sarà certo una voce femminile a cambiare le carte in tavola ma, in generale, tutto l’apparato sonoro ormai tramutato. E’ diventato superficiale e improbo il paragone del Turilli solista con le pubblicazioni dei Rhapsody (per chi non lo sapesse, la band principale del triestino) le cui rette tangenti non si incontrano più come un tempo: da qui, la carriera parallela del nostro beniamino.
Quanto appena espresso non vuole essere un motivo di bocciatura premeditata tutt’altro, è chiaro esempio che non si può, a prescindere, apputare una discografia poco variegata con prodotti sempre simili l’uno con l’altro e a sua difesa vi presento uno spiccato tentativo di ampliare i propri orizzonti. Il risultato? Discreto.
Se la drammaticità di Secrets of Forgotten Ages non aggiunge nulla alle gigantesche introduzioni ad effetto pubblicate sin qui (e non ce n’era certo bisogno), discorso inverso è applicabile alla grandiosa song apripista, Mother Nature, infarcita di elementi boombastici che trovano il loro sfogo nell’esplosione a scalare di un ritornello utilizzato come punto d’incontro delle ingegnose idee di Turilli.
Olaf da il cambio a Bridget nella successiva Angels of the Winter Dawn e guida il marchingegno sinfonico fino agli eclettici rintocchi di chitarra e agli stridenti effetti elettronici che, a onor del vero, rendono giustizia ad una produzione miracolosa. Sascha Paet esercita una specie di monopolio all’interno di questa sfera e il suo lavoro ha, oggettivamente, dell’incredibile.
Produttori:
Luca Turilli e Sascha Paeth: produttore e coproduttore
Sascha Paeth e Phil Colodetti: ingegneri del suono
Joey De Maio: produttore esecutivo
La somiglianza (almeno iniziale) di Altitudes con la sempreverde Queen of the Dark Horizons non ostacola il carattere fastoso di cui si fa forza il disco e può essere considerata una sontuosa apertura di The Miracle of Life, uno dei brani per il quale vale la pena avere questo lavoro: finalmente il power metal roboante marchio di fabbrica di Luca.
Da questo punto in poi, la concentrazione vacilla anche a causa di composizioni molto meno avvincenti e davvero troppo lontane dai sentieri battuti.
Così facendo, si indirizza la proposta ad un pubblico non più omogeneo rischiando di accontentare soltanto i die hard fans sfiduciando, di conseguenza, la massa. La title track conclusiva per esempio, stupenda, è un enorme anfratto orchestrale degno delle produzioni di Howard Shore (The Lord of the Rings tra gli altri) ma di heavy metal nemmeno l’ombra; una rifrazione accecante dall’obiettivo chiaro, dichiarato ma non di facile acquisizione.
Luca Turilli’s Dreamquest:
Il cofanetto dell’edizione limitata prevede una bonus track strumentale e, soprattutto, il singolo del suo nuovo progetto: Luca Turilli’s Dreamquest.
Quattro tracce inedite e davvero apprezzabili, Virus, Antivirus, Too Late e Sospiro Divino che aumentano di qualche punto il numerino che vedete qui in basso. La componente elettronica è esplicitamente potenziata e, ancora una volta, è la voce Bridget a dettare legge.
Mi soffermo sull’epica Sospiro Divino (cantata in italiano) che pare fuoriuscire da un concerto del Teatro “Alla Scala” di Milano e vi rimando alla recensione del disco che uscirà a breve distanza.
Ottima, nel complesso, l’operazione della SPV che ha deciso di regalarci questo graditissimo antipasto.
Restare indifferenti a The Infinite Wonders of Creation è semplicemente impossibile. Il fascino e la magniloquenza di un suono portentoso innalzano ancora di una tacca l’aureo livello già raggiunto dal chitarrista (ora anche tastierista) e fondatore dei Rhapsody.
Come detto però, è il songwriting che non regge più come un tempo e costringe l’autore a planare sulla terra per presentare un disco seducente e suggestivo ma ben lungi dall’essere qualcosa di memorabile. Deve essere infine chiaro che, in Italia (e non solo) e ancora oggi, nessuno è in grado di conseguire un suono ed una dimensione cinematografica così spettacolare. Il giudizio finale, pertanto, non ammette assurdi e inutili paragoni. Acquisto consigliato soprattutto per coloro che amano i sottofondi musicali dei grandi film di Hollywood.
Gaetano “Knightrider” Loffredo
Tracklist:
1.Secrets of Forgotten Ages
2.Mother Nature
3.Angels of the Winter Dawn
4.Altitudes
5.The Miracle of Life
6.Silver Moon
7.Cosmic Revelation
8.Pyramids and Stargates
9.Mystic and Divine
10.The Infinite Wonders of Creation
11.Altitudes (piano version – limited edition bonus track)
Dreamquest – Virus (limited edition single bonus)
01.Virus (single edit)
02.Antivirus (remix)
03.Too Late
04.Sospiro Divino