Recensione: The Inherited Repression
I diavoli della Tasmania ritornano. Dallo sperduto Stato dell’Australia gli Psycroptic fanno di nuovo sentire la loro voce o, meglio, il loro rombo di tuono.
Dal debut album “The Isle Of Disenchantment” (2001) a “Ob(Servant)” (2008), l’ensemble di Hobart ha parzializzato sempre di più l’acceleratore del proprio death metal, passando da un devastante brutal a un technical molto ragionato. Questo percorso pare proprio sia irreversibile e il nuovo “The Inherited Repression” sembra fatto apposta per dimostrarlo. Attenzione, però: se nel passato si poteva parlare tranquillamente di follia scardinatrice, con l’ultimo arrivato si può comunque discutere sul fatto che i sonni tranquilli rimangano sempre una chimera, quando ci si riferisce ai quattro australiani.
I quaranta minuti e passa di “The Inherited Repression”, difatti, sono caratterizzati da un peso specifico assai elevato, da una quantità di note per secondo tale da mettere a dura prova anche i deathster più adusi alle complicazioni che sono messe sul piatto quando la tecnica abbonda anzi deborda. Il triumvirato primigenio (Joe Haley, Cameron Grant e David Haley) mostra tutta la sua classe e la sterminata bravura, seppure semplifichi ulteriormente le partiture musicali rispetto a quelle pirotecniche di “The Scepter Of The Ancients” (2003), culmine della carriera dei Nostri per quanto riguarda l’estremizzazione del binomio tecnica/brutalità. Semplificazione delle partiture che, però, non sfiora nemmeno un po’ le mani di Haley, autore di un guitarwork fenomenale stra-ricco di fini arabeschi, accidenti ritmici, riff penetranti e soli laceranti.
Jason Peppiatt, considerato un po’ fuori dal contesto brutal/technical quale successore di Matthew Chalk nel 2005 per via del suo approccio vocale non così allineato al genere, appare invece il cardine della ‘thrasherizzazione’ del sound della band; processo già noto, in passato, per altre realtà quali Emperor, Zyklon, Avatar e Arsis, giusto per fare qualche nome. Questo percorso, magari dovuto – in primis – al raggiungimento, da parte degli artisti, di una certa maturità sia come uomini sia come musicisti, è evidente che non possa essere criticabile a priori. Soprattutto se, come nel caso degli Psycroptic, un innegabile talento accompagna ciascuna nota messa giù sul rigo musicale. Ecco che, allora, entrano in gioco i gusti musicali del singolo fan e il grado di adattamento degli appassionati alle nuove frontiere esplorate dal complesso, impegnato – e di ciò bisogna rendergliene merito – a evitare di proporre la stessa minestra riscaldata. Un’attenta applicazione che ha portato addirittura a proporre, qua e là fra le tracce dell’album, alcuni passaggi dove la melodia fa timidamente capolino fra i tumultuosi, dissonanti accordi di un oceano comunque sterminato. Certo, non si può nemmeno lontanamente pensare a qualcosa di catchy ma l’embrione di una nuova vita ancora più distante dalla glaciale crudeltà sonora del brutal death metal sembra essersi formato.
Il breve incipit ambient di “Carriers Of The Plague”, che si accompagna ad altri simili lungo la durata di “The Inherited Repression”, ben si amalgama al tono post-apocalittico disegnato dalla grigia copertina del CD. La song è pesantissima ma non iper-veloce a parte qualche perfetta sventagliata di blast beats. Ma è con “Forward To Submission” che s’inizia a respirare un’atmosfera meno claustrofobica del solito, presentante qualche sprazzo armonico davvero riuscito. Da manuale la costruzione strutturale eseguita dalla chitarra ritmica, che consente a Peppiatt di cercare – riuscendoci a volte ma non sempre – di rendere più duttile e varia la sua interpretazione dietro al microfono. Un delicato arpeggio della sei corde apre “Euphorinasia”, mid-tempo dalla potenza terremotante alimentato da sferzate thrash da fiaccare qualsiasi tipo di membra. Ritorna alla grande il technical death più puro con “The Throne Of Kings”, arrotolata su se stessa come un pitone; mentre “Unmasking The Traitors” assesta nuovamente la mira su un possente thrash/death dalle sfumature anthemiche. Un mood decisamente tendente all’oscuro caratterizza “Become The Cult”, assieme al disperato screaming del vocalist. “From Scribe To Ashes” è un inno alla tecnica e alle dissonanze, brano ideale per anticipare i colori ossianici di “Deprivation”. La canzone è tanto densa quanto varia e regala una piacevole sensazione di novità; diametralmente opposta, cioè, alla noia. Chiude il lotto “The Sleepers Have Awoken”, trascinante pezzo ideale per mettere a ferro e fuoco l’audience durante le esibizioni live, che svela improvvisamente un’apertura melodica godibilissima.
Seppur di buona qualità complessiva, “The Inherited Repression” appare ancora sospeso fra la nuova direzione ‘soft’ e quella ‘hard’ che, a parere di chi vi scrive, deve essere abbandonata definitivamente affinché sia completata la coraggiosa opera intrapresa dagli Psycroptic. Un lavoro di transizione, in estrema sintesi, che potrà aprire – si spera per loro – una nuova e meravigliosa Era di abbondanza e benessere.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Carriers Of The Plague 6:07
2. Forward To Submission 3:56
3. Euphorinasia 4:54
4. The Throne Of Kings 4:05
5. Unmasking The Traitors 3:55
6. Become The Cult 4:11
7. From Scribe To Ashes 3:50
8. Deprivation 5:44
9. The Sleepers Have Awoken 4:09
Durata 41 min.
Formazione:
Jason Peppiatt – Voce
Joe Haley – Chitarra
Cameron Grant – Basso
David Haley – Batteria