Recensione: The Innocent Ones
Queste sono soddisfazioni. Avere per le mani un cd dei Blue Tears a sedici anni di distanza dal loro omonimo debut album, e considerando che quello era rimasto sino ad oggi l’unico prodotto nella discografia della band (eccezion fatta per due raccolte di brani inediti uscite alla spicciolata nel corso del 2005), è già di per se elemento di giubilo, quando poi il disco che si ha l’occasione di ascoltare è di tale qualità, la portata dell’entusiasmo diviene massima.
Attivi addirittura dal 1983, anno in cui nacque il primo embrione della band, i Blue Tears impiegarono sino al 1990 per godere della soddisfazione di veder pubblicato un loro platter, dal titolo omonimo, a cui fecero tuttavia seguito anni ed anni di silenzio; il periodo non era certo favorevole per tali tipi di sonorità, i gusti stavano velocemente mutando e Gregg Fulkerson, prim’attore del gruppo, si trovò ben presto sprovvisto di contratto discografico.
Nonostante la lontananza dalle scene, Fulkerson seguitò a comporre musica da par suo, senza mai snaturare il proprio innato istinto di class rocker ed il tempo, galantuomo come sempre, arrivò a riparare i torti subiti fornendo una nuova, valida, occasione per tornare in sella.
In un primo tempo, si concretizzò la possibilità di frequentare nuovamente il mercato con un progetto edito nel 2003 a nome Attraction 65 (per la ormai quasi defunta Atenzia Records), in seguito poi, grazie alle pressanti richieste dei fan, ed alla disponibilità della piccola indie Suncity Records, prese corpo la decisione di dare una veste degna ai tanti demo tapes archiviati in quindici anni di attività “sotterranea” pubblicando due raccolte uscite nel corso dell’anno appena passato; visti poi i buoni riscontri, l’interesse della gloriosa AOR Heaven diede lo spunto per la nascita di un lavoro tutto nuovo, inedito, che potesse davvero riportare agli onori della ribalta il nome misconosciuto dei Blue Tears.
Reclutati pertanto Bryan Wolski al basso, e Robert Streets alla batteria a completare la line up con Fulkerson responsabile di songwriting, voce e chitarre, eccoci arrivati ai tempi nostri ed a questo nuovissimo disco intitolato “The Innocent Ones”, da pochi giorni disponibile sul mercato.
E che disco ragazzi!
Lo stile proposto riprende in parte quanto sentito nella produzione “mediana” di Bon Jovi (quella non ancora commerciale, per intenderci), per sconfinare in atmosfere a volte un po’ country che tanto sanno di Tom Petty e di Bruce “The Boss” Springsteen e in alcuni episodi vicine agli UFO più elettrici e ruvidi, il tutto comunque sempre pervaso da un alone estremamente ed orgogliosamente “true”, genuino, fatto di sentimenti forti, emozioni vere, paesaggi dall’orizzonte selvaggio e sconfinato (bella ed indicativa la cover in tal senso) e storie di vita vissuta tipiche della tradizione più verace e solida dell’ hard rock a stelle e strisce.
Quattordici sono i brani che vanno a comporre la nuova fatica dei Blue Tears ed il livello qualitativo delle composizioni risulta assolutamente livellato verso l’alto.
Esistono situazioni per tutti i gusti, pur rimanendo saldamente ancorati al background originario. È entusiasmante il susseguirsi di episodi ricchi di energia e momenti di maggiore enfasi, ma è l’aria che si respira costantemente, quello stile da “duri e puri” che trasmette la musica e che fuoriesce dalle melodie piene ed accattivanti ad avvincere e conquistare al primo colpo. La vitalità, il romanticismo che può scaturire dalla vita quotidiana, senza retorica, espressi in brani ricchi di energia come l’iniziale “Drive”, storia di una fuga on the road, o della successiva “Let It Rain” con un ritornello che invade la memoria senza lasciare scampo, la bonjoviana (il chorus è “preciso”) “Run For Your Life”, per non scordare la potente e romantica “In Your Dreams”, la solare “She Wants To Be A Star” e la dolcissima e quasi toccante (ma non “zuccherosa”) “All The Way Home”. Menzione particolare poi per la conclusiva “Unrequited Love”, probabilmente una delle ballad più belle sentite da lungo tempo…pare di vederlo, un panorama sconfinato che appena si rivela al chiarore lunare di una notte estiva…
Adatta e funzionale anche la voce di Fulkerson, non troppo “perfetta” e ruvida il giusto, in grado di conferire ancora di più un che di “vissuto” e genuino che accresce ulteriormente l’idea di spontanea sincerità che ammanta il disco.
Bello, davvero bello questo “The Innocent Ones”. L’unico difetto, in un contesto di eccellenza diffusa, è forse ascrivibile ad una produzione che lievemente penalizza la nitidezza dei suoni, ma ad essere sinceri, sembra che anche questo sia un aspetto ricercato dalla band, nell’intento di trasmettere al disco quest’anima di “imperfetta” e polverosa genuinità che lo fa apparire fresco, vitale e “vero” come la più spontanea delle opere “on the road”.
Per quanto mi riguarda una sorpresa lietissima, degna sin da ora di figurare in una ipotetica top list annuale del genere: ottime melodie, grande energia, romanticismo ed una aria diretta, spontanea e per nulla pretenziosa.
In una sola definizione “hard rock”!