Recensione: The Killer Instinct

Di Stefano Burini - 6 Aprile 2015 - 17:00
The Killer Instinct
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2015
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
77

Difficile parlare dei Black Star Riders senza citare i Thin Lizzy, la seminale band da cui l’attuale quintetto con base a Los Angeles ha preso le mosse.

Difficile perché l’intero progetto nasce dalle ceneri di quella che per qualche anno è stata una sorta di “cover band extra lusso dei Lizzies” (nelle cui fila hanno militato svariati musicisti transitati negli anni settanta e ottanta alla corte di Mr. Phil Lynott, tra cui John Sykes, Scott Gorham e Darren Warthon) e ancor più difficile perché, nonostante l’abbandono dello storico monicker, la proposta dei BSR strizza non uno ma entrambi gli occhi al tipico trademark degli irlandesi, rendendo ancor più arduo valutare i loro album da un punto di vista strettamente artistico.

Chiacchiere a parte, il precedente “All Hell Breaks Loose”, nonostante la marcata derivatività del sound, si faceva ampiamente voler bene, sia perché quello operato da Warwick, Gorham e compagnia riusciva nel non semplice compito di sembrare un omaggio alla musica del grande Phil più che una goffa parodia, sia perché le canzoni mantenevano per larga parte dell’album un livello qualitativo più che buono.

“The Killer Instinct”, sin dalla copertina con protagonista l’ormai familiare pin-up anni ‘50, non fa eccezione a quanto testé asserito e, pur proseguendo sulla falsariga del predecessore, riesce anche a proporre qualche gustosa novità. Così ai tipici pezzi di puro hard settantiano alla maniera dei Thin Lizzy (il terzetto d’apertura, con particolare menzione per l’ottima “Bullet Blues”) si alternano digressioni di matrice celtica (“Soldierstown”) e alcuni piccoli ma notevoli esperimenti in grado di aggiungere un po’ di idee e movimento, tra cui la sinuosa “Charlie I Gotta Go” e la spettacolare “Blindsided”, un blues oscuro ed ammaliante di grandissimo impatto emotivo, con tutta probabilità l’apice assoluto finora raggiunto dagli americani.

La corsa continua con la scorrevole “Through The Motions”, di nuovo Lizzy a go-go, e con la successiva “Sex Guns & Gasoline”, fortemente impregnata di blues ma anche vagamente stradaiola, con Warwick a giocare da par suo con i toni più bassi e suadenti della sua voce, mentre il finale è riservato a “Turn In Your Arms”, dal flavour celtico tosto sfumato nell’hard settantiano più rovente e alla  torrenziale “You Little Liar”, una sorta di riuscitissima mini-suite in bilico tra hard rock, blues e accenni psichedelici.

Che altro dire? I Black Star Riders non inventano nulla e anzi si rifanno al collaudatissimo sound di una delle realtà più influenti di tutto il panorama hard ‘n’ heavy degli anni ‘70 e ’80, ciò nonostante la loro proposta appare ispirata e genuina, con un paio di picchi di valore assoluto. Avercene di album di questo livello…

Stefano Burini

Ultimi album di Black Star Riders