Recensione: The Last Day Of An Ordinary Life
Imbattersi in un nome pregno di suggestioni come IV Luna (Quarta Luna) affascina non poco anche il progmaniaco più distratto della penisola, evocando l’idea di una musica atmosferica e pregna di ampollosità e decadenza come spesso alle band di casa nostra accade, si chiamino esse Dismal o Dark Lunacy. CD alla mano invece viene alla mente “Dopoguerra” dei Klimt1918, uno di quei paesaggi urbani, in bianco e nero, secondo l’estetica sessantiana, quindi l’idea di un suono di media durezza e di massima eleganza.
Ma forse bisognerebbe andare con ordine e dire della travagliata storia dei IV Luna, quartetto nato nel cuore degli anni novanta ed approdato al primo full-length nel 1999 (un full length in italiano) e seguito nel 2003 da un secondo album anch’esso in madrelingua. Dopodiché una lunga pausa di riflessione in cui sembrava perduta ogni traccia di questi misteriosi personaggi (sul sito appaiono solo i nick, lasciando nella nebbia i nomi reali), anche se in realtà, ciascuno aveva preso la sua strada.
Infine, nel 2009 il ritorno in studio, per arrivare l’anno scorso ad un terzo capitolo. Giusto per capire che forse non dovremmo lamentarci eccessivamente dei buchi neri lasciati da Anathema ed Arcturus tra un disco e l’altro.
Fatto sta che il nuovo disco si chiama “The Last Day Of Ordinary Life”, titolo che presagisce una svolta linguistica, svolta linguistica che si rivela reale a tutti gli effetti. Le sonorità tuttavia rimangono marcatamente italiche, sebbene assai diverse dalle supposizioni evocate dal monicker. Si tratta infatti di un disco saturo di chitarre tanto elettriche quanto abili, tese nella formazione di un ibrido tra progressive misto ad heavy metal secondo la lezione dei migliori Shadow Gallery e dei migliori Vision Divine, con una punta di certi Domine. Con ulteriori influenze che si sveleranno solo nel prosieguo.
Ad ogni modo, un breve intro acustico e assai gustoso conduce a “September 28th, 2003”, brano che fa subito capire che aria tira. Mik e Laki infatti intessono incessantemente dei riff estremamente efficaci ed ipnotici, riff che nello stesso tempo elevano un muro di suono non indifferente, con una struttura fatta di accelerazioni e rallentamenti, studiata nei minimi dettagli.
Ritmiche più grezze, un po’ power e un po’ hard rock, nella successiva “Unsafe prison”, dove comunque le sei corde continuano a spadroneggiare. Ben più varia la successiva, ottima, ”I realize”, laddove la voce di Mik si mescola ad un cantato femminile che ricorda assai da vicino quello di Mara Redeghieri (e se non ricordate gli Üstmamò ripescatevi “Opera soap”).
“I realize” si qualifica come uno dei pezzi migliori del disco, mischiando ancora riff formidabili, parti marcatamente metal, ottimo pianoforte ed una attitudine decisamente Indie.
Degna di nota anche “In the shade”, nel suo unire una strofa scarna e tenebrosa ad un ritornello degno del miglior hard rock ottantiano, addirittura quasi alla Bon Jovi.
E strofa meravigliosa anche per la title track, sempre per quel che attiene le chitarre una sorta di incrocio tra Novembre e Verve (pare quasi di sentire il Nick McCabe di “A storm in heaven”) unita ad un ritornello decisamente più pompato e di buona efficacia. E che dire poi di “La tua voce”, cantata interamente in madre lingua, un pezzo che riesce ad unire progressive, certe ballate acustiche tipiche ancora dell’hard rock ottantiano, i già citati Novembre e… i Marlene Kuntz (!!!) soprattutto per quanto riguarda il cantato smaccatamente ispirato a Cristiano Godano (e se proprio non vi piace Marlene, pensate alla PFM).
Proprio “La tua voce”, sicuramente l’esperimento più affascinante dell’album, fa pensare che i IV Luna potrebbero rendere ancora di più se, al cantato anglofono, preferissero quello in italiano.
Molto più ordinaria invece la seconda parte del disco.
Intendiamoci, “Magic Room”, o “Disappeared” sono comunque brani di ottima qualità, in cui gli elementi prog metal e hard rock si propongono decisamente in primo piano, con le fondamentali influenze classiciste o semplicemente indie rock ascoltate sin qui, quasi del tutto trascurate. Allo stesso modo, a livello compositivo, pur fornendo all’ascoltatore una bella botta di energia, perdono la varietà e i cambi di ritmo, risultando per questo più ordinarie. “The best day” ripresenta il contrasto tra una sommessa strofa acustica ed un ritornello elettrico magniloquente e drammatico, il tutto condensato in poco più di tre minuti, prima che l’outro acustico e minimalista di “Goodnight moon” non dica definitivamente fine al disco.
Sostanzialmente, dopo aver consegnato ai IV Luna il premio “Migliori chitarre italiane 2011” possiamo comunque dire di trovarci davanti ad una prova di sicuro valore, con una parte centrale assolutamente da urlo. Forse resta un po’ di rammarico per il cantato anglosassone e per un paio di pezzi eccessivamente uniformi che smorzano l’originalità estetica dell’album, ma stiamo comunque parlando di canzoni di livello tecnico indiscutibile. Con l’augurio di riuscire a recuperare le vecchie release, nella speranza di non dover aspettare altri 8 anni per sentirli di nuovo.
Tiziano “Vlkodlak” Marasco
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Tracklist:
01. 63 seconds to Black O
02. September 28th, 2003
03. Unsafe prison
04. I realize
05. In the shade
06. Last days of my ordinary life
07. La tua voce
08. Magic ‘room
09. Unsuitable
10. Disappeared
11. The best day
12. Goodnight moon
Line Up:
Mik – voice, guitar
Laki – lead guitar
Bj – bass
Alex – drums