Recensione: The Last Wolf

Di Stefano Ricetti - 3 Ottobre 2023 - 11:16
The Last Wolf
Etichetta: No Remorse
Genere: Heavy 
Anno: 2023
Nazione:
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64

Nella storia dell’heavy metal ci sono band che possiedono quel che semplicemente si può definire magia, un qualcosa di impalpabile che riesce in qualche modo sinistro a fare breccia fra i cuori degli appassionati. Gente che può permettersi di fare degli album fotocopia mantenendo perennemente un livello più che accettabile per la felicità di tutti. Viceversa, altre, pur mettendocela tutta, impossibilitate a compiere il salto verso il gradino superiore, nemmeno in un’intera carriera, punto.

Poi ci sono quelle che pescando un po’ qua e un po’ là fanno loro la grande lezione dei giganti del genere e sfornano album in linea con la piena tradizione dell’acciaio duro e puro anni Ottanta.

I portoghesi Rage and Fire sono fra queste. Attivi da un paio d’anni, al loro interno vantano personaggi di un certo spessore (Rick Thor, basso e voce) con trascorsi eccellenti in band con i controcolleoni come gli Ironsword, ad esempio. A seguire Mário Figueira, chitarrista ex Ravensire. La line-up si completa con Fred “The Shred” Brum all’altra chitarra e Vasco Machado alla batteria.

The Last Wolf, dalla copertina suggestiva realizzata da Victor Costa, è il loro debutto ufficiale su full length e segue il loro precedente Demo 1986 + 35, contenente tre pezzi inediti più la cover di “I Wanna Be Somebody” degli W.A.S.P.

L’album, accompagnato da un libretto di sedici pagine con tutti i testi e alcune foto della band, si compone di otto tracce per un totale di quarantaquattro minuti e vede la luce per la label greca No Remorse Records.

A partire da “Rage And Fire” sino ad arrivare all’ultima canzone in scaletta, “The Last Wolf”, è un florilegio di riproposizioni di stilemi anni Ottanta ipercollaudati, ai quali l’acidità della voce emanata da Rick Thor tenta di conferire il giusto mordente, riuscendoci parzialmente. Davvero troppi i mostri sacri tirati in ballo dai portoghesi nelle varie composizioni per essere citati esplicitamente.

The Last Wolf si risolve quindi in un lavoro solido benché totalmente privo di quel seppur minimo briciolo di magia richiamata nell’incipit.

Così è se vi pare.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

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