Recensione: The Lemmy Sessions
Warfare: un mix bastardo e animalesco di Tank, Sodom, Bulldozer, Venom, Atomkraft, suonato con l’irruenza e il nichilismo del punk e la potenza dell’heavy metal, il tutto ovviamente ammantato dalla fuck you attitude ereditata dai Motörhead e portato avanti da un cantante sgraziato del tenore di Paul “Evo” Evans.
“I think it’s easy to see the NWOBHM as one big ‘club’, but there were differences in style and sound, and some people like me liked it all whereas others would pick and choose as to what suited their tastes. I loved Shiva, yet I knew someone who just didn’t get their more progressive approach. And at the other end of the scale came, I don’t know, say, Warfare, and they were too punky for some of the metal fans”.
Questo, nel virgolettato sopra, uno stralcio dell’intervista realizzata dallo scrivente al giornalista inglese di lungo corso John Tucker, specializzato, oltre a tutto il resto, in Nwobhm. Chiacchierata poi pubblicata sull’ultimo, recente numero della rivista cartacea Classix Metal (Extra! Nr.51, “L’altra Nwobhm!!! La Rivoluzione che venne dalla Strada”, Say Yes Publishing).
La “scusa” per occuparsi dei Warfare da Shildon, città posta circa a metà strada fra Middlesbrough e Newcastle (Inghilterra del Nord), la fornisce The Lemmy Session, recente pubblicazione a tre Cd realizzata dalla Hear No Evil Recordings Ltd, label sussidiaria della Cherry Red Records.
Nati nel 1984 per volere del batterista e cantante Paul “Evo” Evans, i Warfare iniettarono in quel variegato calderone musicale che fu la Nwobhm la loro rabbia iconoclasta, canalizzata all’interno del solco tracciato precedentemente dagli eroi Motörhead, con la furia di un tornado. Metal Anarchy, il loro secondo album del 1985, originariamente prodotto nientepopodimeno che da Lemmy insieme con Guy Bidmead, permane probabilmente come il meglio riuscito di una carriera che fra alti e bassi dura tuttora, con il solo Evo in veste di team principal del progetto.
The Lemmy Session nasce da un’idea recente partorita dello stesso Evo: dare visibilità e pubblicazione al sinora inedito remix dell’album Metal Anarchy così come effettuato da Sua Maestà Ian Fraser Kilmister detto Lemmy nel lontano 1985. Data l’insaziabile e tangibile voglia di Motorhead da parte del pubblico sin dalla dipartita di Lem, avvenuta in quel di Los Angeles il 28 dicembre del 2015 è naturale associare l’operazione all’inevitabile richiamo che genera a livello commerciale il solo fatto di ritrovarsi il nome di Mr. Kilmister nel ben mezzo del titolo di un prodotto.
Sospetti più che legittimi che infatti si rivelano fondati, dal momento che la parte del leone la svolge il secondo Cd, ossia Metal Anarchy, rivisitato e rimasterizzato così da fornire una nuova versione di sé stesso, dispensatrice di una botta notevolissima. Una vera onda d’urto costituita da una colata primitiva a base di heavy metal, punk e hardcore. Sana ignoranza, pura goduria. Il Cd 1, viceversa, quello contenente il rough mix operato da Lemmy, appare quindi per quello che è in maniera ancora più evidente: un’eccellente testimonianza e nulla di più, come del resto onestamente esplicitato in chiaro sulla back cover del triplo. Beninteso, importantissima e rispettabilissima a livello affettivo per tutti i die hard fan dell’icona britannica, soprattutto per coloro i quali qualsiasi cosa toccata da Lemmy costituisca oggetto da avere a tutti i costi.
Così come il secondo anche il terzo dischetto ottico non scherza in termini di violenza emanata. Esso infatti incorpora gli originali in versione remaster del Two Tribes EP del 1984 e del Total Death EP del 1985 con in più, sul finale, a mo’ di chicca, la bonus track “Two Tribes” (From Hell Mix).
Ad accompagnare l’intero prodotto digipak apribile a quattro ante un succoso booklet a firma John Tucker di sedici pagine con l’intera storia della prima parte della carriera dei Warfare e qualche foto a corollario.
Per farsi un’idea di come vennero recepiti i Warfare nel nostro Paese qui di seguito la recensione di Metal Anarchy tratta dalla rivista Rockerilla numero 65 del gennaio 1986, a firma Beppe Riva. Da notare che la stessa fa riferimento ad un probabile prodotto realizzato dalla Neat Records appositamente per la stampa specializzata del settore, dal momento che contiene solo due pezzi: “Wrecked Society” e “Metal Anarchy”, tratti dal sopraccitato vinile uscito nel 1985, il quale però ricomprendeva in totale dieci canzoni.
I Warfare rientrano nella ristretta cerchia di vertice (Venom, Avenger, Tysondog…) di un genere, lo speed metal, che non ha trovato in Inghilterra un numero di praticanti proporzionale a quello del circuito californiano o di alcuni Paesi europei. Metal Anarchy è un titolo che la dice lunga sull’adesione al suono estremista di questo trio motorheadiano, non a caso co-prodotto da quel Lemmy che inganna con loro il tempo, in attesa di risolvere le vertenze contrattuali con la sua band. La tecnica di Evo (batteria e voce), Falken (basso) e Gunner (chitarra) è puntuale, il flashes adrenalinici della solista ed il tumulto inquieto della motrice ritmica fanno la loro parte in “Wrecked Society”, con un finale davvero incandescente ed una struttura vigorosa ma monocorde soprattutto nell’impostazione vocale. Su per giù lo stesso dicasi per il retro, dove annotiamo la presenza di Wurzel dei Motorhead, chitarrista aggiunto nella title track. Quello dei Warfare è metallo punky, sia per qualche eco di requisitoria sociale, sia per l’urlo disperato, quasi accusatorio, della voce.
Stefano “Steven Rich” Ricetti