Recensione: The Likes Of Us
Uno dei grandi colpi musicali di questo 2024 è stato esploso. Stiamo parlando proprio del nuovo disco dei progster britannici Big Big Train, band capitanata dal chitarrista e polistrumentista Greg Spawton. La band è sempre stata molto interessante e godibile dal punto di vista del gusto, soprattutto per il suo pregresso di evidente ed ispirata matrice Genesis. Nel tempo è stata in grado di dar vita a dischi di spiccata personalità e quindi caratterizzati da una variabilità compositiva che li ha sempre resi accattivanti e raffinati.
Per come li ho vissuti nella loro evoluzione, devo però dire che ho sempre avuto la percezione che mancasse una sorta di ‘legante’ ovvero quell’elemento di slancio che permettesse loro di levare l’ancora che li teneva saldamente vincolati all’attitudine tipicamente ‘Seventies’. Un primo strappo avvenne con l’uscita, nell’ormai lontano 2007, di “The Difference Machine” e una mezza conferma che qualcosa si muoveva in quella direzione si ebbe, con maggior evidenza, nel 2009 quando uscì sul mercato “The Underfall Yard”. Il sound era più organico, più legato e garantiva un ascolto più lineare. Ma alla luce degli sviluppi discografici successivi, la band ha ripreso un po’ il modus componendi delle origini e, la personale percezione, è che quella quadra ‘organica’ che avrebbe permesso loro di diventare davvero unici (come pochi possono permettersi), ancora non s’era realizzata. Perlomeno fino ad oggi.
Eggià, perché il nuovo album “The Likes Of Us”, uscito lo scorso 1 marzo per InsideOut Music è, a parer di chi scrive, l’album che realizza la band, che issa definitivamente quell’ancora di cui parlavamo prima e libera quella potenza realizzativa di un lotto di brani che lancia la band verso picchi qualitativi finora mai toccati. Ora, con questo non voglio assolutamente mettere in discussione la qualità della discografia pregressa. La band ha da sempre dimostrato di possedere i numeri per rientrare nel novero dei più grandi interpreti del progressive rock contemporaneo, ma qui qualcosa ha spiccato il volo.
“The Likes Of Us” è il primo album con alla voce il nuovo cantante Alberto Bravin (ex-PFM, Sinestesia) che, per l’occasione, ha anche fornito il suo straordinario contributo di polistrumentista e compositore alla causa dei Big Big Train. E qui la prima considerazione. Quando al microfono ci stava Martin Read si respirava quel flavour epocale a là Genesis. Con Sean Filkins quel mood così british prog rock prese colori e forme diverse, a volte anche un po’ articolate… una sorta di costante arricchimento musicale che faceva brillare di mille riflessi album come, ad esempio, il mastodontico “Gathering Speed”. Con il compianto David Longdon invece la band ha inspessito ancora di più la musica grazie probabilmente alle intense interazioni con la mente creativa di Greg Spawton (“The Underfall Yard” ne è l’esempio lampante!). Bravin è però quello che, assieme al talento, alla sensibilità e all’abilità di Spawton e soci, è riuscito a far decollare il tutto. La voce calda, potente, espressiva, perfettamente integrata nel songwriting, assieme ad una parco arrangiamenti stellare e a dei suoni perfetti, è quel legante che mancava. Ora c’è davvero tutto!
Tutta quell’ispirazione squisitamente british va a servizio delle idee riuscite di questo lotto di brani. Ascoltare i Big Big Train di oggi è quindi uno spettacolo totale. Atmosfere sensibili come potevano narrarvele i Camel di “Moonmadness” vengono elegantemente incorniciate dalla perizia esecutiva che solo band come The Flower Kings o Pendragon sono stati in grado di fare in passato.
Siamo di fronte ad un disco dal potenziale elevatissimo dove ogni brano è, ancora prima di essere musica, una canzone, dove ogni contributo esecutivo è perfettamente amalgamato agli altri in un rincorrersi di arrangiamenti pieni di stile e gusto. Un gusto che accompagna l’ascolto ondeggiando su momenti distesi così come su pezzi decisamente più rock che, corroborati da un parco suoni robusto, arrivano con un certo impatto. In aggiunta a questa compattezza ecco che la cura degli arrangiamenti va a smussare quelle ‘spigolature’ classicamente prog rock che rendono questo nuovo capitolo discografico un vero e proprio pezzo da novanta, non solo nella discografia del gruppo, ma anche nell’attuale panorama del genere.
Pezzi catchy come “Oblivion” o splendide ballad come “Love Is The Light” si abbracciano alla perfezione a intro eteree come quella di “Light Left In The Day” piuttosto che a pezzi giocosi dal carattere quasi mistico come “Skates On“. Un brano che però, a parer personale, riassume questo nuovo corso artistico/compositivo (ve ne citiamo solo uno in quanto significativo) è certamente “Beneath the Masts“. La canzone presenta un suono ricco, sofisticato, incastonato di molteplici raffinatezze. Un vero manifesto del progressive rock moderno. Le sezioni strumentali sono eleganti e danno vita ad un ambiente sonoro denso e coinvolgente. Il testo affronta temi di nostalgia, esplorando la relazione tra l’umanità e la vastità del mare, visto come un sogno desiderato.
Così come questo brano, pure gli altri narrano della sensazione di avventura e libertà che si prova quando si è in viaggio, che sia tra le onde o con la mente. Le parole di questa musica così squisitamente arrangiata evocano immagini di navi solitarie che solcano gli oceani, con i marinai che affrontano le tempeste e si affidano alla stella polare per guidarli. Ad essere precisi, per non trarvi in inganno, questo album non è un concept, ma la profondità di questi testi in generale, così perfettamente scanditi dal ricercato sound del gruppo, determina in generale una gamma di sensi relativi alle perdite che viviamo nella vita e ai cambiamenti che accompagnano l’avventura della vita stessa, la nostalgia per ciò che è abbiamo smarrito e la consapevolezza dell’irreversibile passare del tempo. Tuttavia, tutto il disco riflette un’energia positiva, magica e calda. È un album che pulsa di speranza e di rinnovamento.
“The Likes of Us” è un po’ questo tipo di viaggio… quel viaggio che può portare a nuove scoperte e a una maggiore comprensione di sé stessi, delle persone e del mondo che ci circonda. Tutto ciò l’album lo realizza mescolando abilmente elementi musicali complessi con testi evocativi, creando un’esperienza emotiva e coinvolgente per l’ascoltatore nonché atmosfere degne dei grandi maestri del passato. Non ci sono dubbi: siamo di fronte ad un vero gioiello musicale a tutto tondo.