Recensione: The Long Goodbye
Cosa aspettarsi da una band che si chiama “Mondi che appassiscono” e che sulla copertina del suo debut, intitolato “The Long Goodbye” ci piazza un bel “Luna nascente sul mare” di Kaspar David Friedrich?
Ora, Friedrich è parecchio usurato nel mondo del metal, quindi non è detto che se una band scelga un suo quadro come cover essa sia per forza tedesca. Non è neppure possibile stabilire che tipo di metal faccia. Ma è probabile che faccia una musica romantico-malinconica… solitamente dell’atmospheric black metal.
Ecco. A scanso di equivoci i Wihering worlds sono tedeschi,. Trattasi per la precisione un suonatutto (Wanderer) e un vociante (void). E in effetti fanno atmoblack, anche se non il tipico atmoblack. In effetti, la matrice teutonica nei solchi di “The long Goodbye” si sente eccome. Quella matrice romantica, fatta di Sensucht pervasiva e un po’ sdolcinata, che ha dato al viking-black di Germania una connotazione tutta sua, esemplificata nella sua forma definitiva nella musica di Falkenbach.
Ora, ci sono tra la band di cui oggi e Falkenbach degli elementi in comune? Certamente! Eccome!
“The long Goodbye” in effetti pare essere “Ok nefna tysvar ty” con dei piccoli aggiustamenti. In particolare, due sono gli elementi di spicco. Il primo è una certa attitudine psycho prog che tende a piazzare qui e lì (“Hour of Trial” e “Transendence” soprattutto) dei gustosi assoli Gilmourniani. Dall’altro lato, le canzoni godono anche di ottime divagazioni con orchestre Wagneriane.
Insomma, la band ha delle idee chiare sulla proposta stilistica e riesce comunque ad attirare le orecchie pur dedicandosi ad una proposta piuttosto usurata.
Il problema serio, più che per le linee stilistiche, è di natura compositiva. Certo, tutte le melodie sono orecchiabili, tuttavia le composizioni non sembrano particolarmente compatte. Lasciamo stare la lunghezza, dato che nell’atmoblack non ci si aspetta esattamente delle canzoncine di tre minuti. È proprio che il disco qua e là sembra impantanarsi in passaggi un po’ fini a sé stessi. C’è poco da fare. 47 minuti per un album di questo genere sono abbastanza pochi, non di meno “The long Goodbye” pare durare un’eternità.
Questo comunque non deve togliere troppi punti in sede di valutazione. Le idee ci sono, la voglia di fare anche. Con “The long Goodbye” il viaggio dei Withering worlds comincia bene e, risolti alcuni problemi strutturali, il combo tedesco potrà regalare grandi soddisfazioni.