Recensione: The Lord Weird Slough Feg (reissue)
Nel 1998, dopo ben sette anni di militanza nell’underground statunitense, questi straordinari ragazzi di San Francisco autoprodussero il loro debutto in formato compact disc in sole mille copie, che dopo qualche tempo andarono esaurite. L’esposizione a livello internazione conquistata negli anni successivi, grazie all’interesse dell’italiana DragonHeart records, ha consentito agli Slough Feg di ricevere una relativamente più ampia attenzione che ha permesso loro pubblicare ulteriori dischi con buona promozione, effettuare un tour in Europa (“Monks of Metal Tour”) e di vedersi ristampato l’ormai introvabile debutto.
Ottima l’iniziativa delle labels The Miskatonic Foundation e della Metal Supremacy records, che nel 2002 si sono impegnate rispettivamente nella ristampa in cd e vinile del debutto della mitica formazione californiana The Lord Weird Slough Feg.
La casa discografica britannica (la prima) si è aggiudicata la licenza di ripubblicare questo disco in formato compact disc, mentre la tedesca (ovviamente la seconda) ha avuto la possibilità di aggiungere al suo già gustoso catalogo la versione in doppio vinile di “TLWSF”, limitato però a 500 copie (recentemente esaurite).
Sulle ristampe degli ultimi anni, ce ne sarebbero di cose da dire! Evitiamo per il momento questo discorso, non ne cacceremo più le mani dopo, per sottolineare semplicemente che questa re-release, oltre ad avere un suo perché, si fregia anche di uno squisito lavoro di rifinitura che ci offre la bellezza di 7 bonus tracks rare, un pregevole lavoro di artwork e un’interessantissima introduzione firmata Mike Scalzi (cantante/chitarrista nonché leader della band)..si può forse chiedere di più?
No, assolutamente no, perché basterebbero gli otto brani della tracklist originale a rendere sublime questo grandioso disco. La personalità sonora dei The Lord Weird Slough Feg è assolutamente unica; quindi sarebbe molto azzardato fare confronti, nonché magari offensivo nei riguardi di questa formazione che, scontrandosi con i mille disagi della scena a stelle e strisce anni 90, ha fieramente tracciato un percorso indipendente sforzandosi quanto più di allontanarsi da quello che è standardizzato, rimanendo comunque legatissimi alla natura dell’Heavy Metal.
La critica si divide spesso in due quando si parla di loro. Per descrivere il loro sound sono stati chiamati in causa Saint Vitus, Mercyful Fate, Black Sabbath, Cirith Ungol, Iron Maiden, Omen, ManOwaR, Manilla Road ed altre mitiche formazioni. Tuttavia mai nessuna etichetta è e sarà abbastanza larga e aderente per la multiforme ecletticità della musica dello Slough Feg.
Giusto per delineare un po’ la sagoma mi questa bizzarra creatura sonora, a grandi linee si potrebbe dire che lo stile interpretato da Greg Haa e soci sia un dinamico miscuglio di elementi Epic, Doom, Classic intrecciati tra loro tramite la costante (o quasi) del frizzante andamento Celticheggiante, il quale colora sia le note che le lyrics di quasi tutti i brani degli Slough Feg. Questo è, sinteticamente, tutto ciò che troverete in questo conturbante disco, pieno zeppo di originalità e furia estatica.
Aggiungete poi una sobria inclinazione tutt’altro che canonica nella strutturazione, composizione dei brani e delle loro relative melodie e potrete essere abbastanza preparati per prestare ascolto killer tracks come la devastante “Shadows of the Unborn”, “Highway Corsair” (potentissima nel suo incedere tuonante), l’epica “The Red Branch” (vi dice niente il titolo?), giusto per fare qualche esempio.
Da qui si può intuire la ristretta popolarità di cui gode questo gruppo. In fondo gli Slough Feg sono quattro ragazzi a cui non fotte un emerito cazzo di quanto ammontino le vendite dei loro dischi. Da oltre dodici anni questi si stanno sbattendo come dannati nella loro sala prove infischiandosene del music-business e delle mode che vanno e vengono; il rapporto tra la bands ed i suoi rispettivi fans è molto buono e sincero. Questo basta a gratificare la band dei suoi sacrifici ed ad incoraggiarli ad andare avanti per la loro strada.
Quello che offre questa band e questo disco è “semplicemente” una tempesta meteoritica di un’aliena lega metallica, coloratissima ed indistruttibile, i cui bagliori potranno forse catturarvi o farsi fuggire via a gambe levate; tutto sta alla sensibilità individuale ed all’eredità di gusti musicali che vi portate alle spalle. L’importante è nutrire imprescindibilmente rispetto nei confronti di chi butta sangue con onestà nonché studiare attentamente il loro sound prima di azzardare qualsiasi giudizio.
Cercate un gruppo veramente innovativo che non tradisca l’accezione tradizionale del termine Heavy Metal? Questo druido-eremita californiano saprà accontentarvi e stupirvi!!! Consigliatissimi!
Leopoldo “LeatherKnight” Puzielli
1) Shadows of the Unborn
2) 20th Century Wretch
3) Blarney Stone
4) The Red Branch
5) Why Not
6) Highway Corsair
7) High Season III
8) High Season IV
9) Intro (instrumental)
10) The Mask
11) High Season I
12) High Season II
13) The Red Branch (demo version)
14) The Room
15) Headhunter