Recensione: The Malignity Born From Despair
Gli Infected Malignity sono dei musicisti a cui evidentemente non piace perdere tempo. In appena due anni di vita i nostri hanno gia all’attivo un demo (inserito poi in uno split con varie band, tra cui i fenomenali Unmerciful) e un album a dir poco sorprendente come questo The Malignity Born From Despair, attenendosi quindi all’operosità e puntualità che contraddistingue il paese di origine di questi tre giovani ragazzi, il Giappone.
Tutto qui? No, dal momento che i nostri sono riusciti ad entrare nelle grazie di Jamie Bailey e a siglare un contratto con una delle case discografiche “culto” del settore, la Unmatched Brutality, e si sa… quando si nomina la label del cantante/bassista di Brodequin e Liturgy, ci si deve aspettare unicamente musica senza compromessi. Dunque, alla luce di questa mezz’ora abbondante di musica, gli Infected Malignity sembrano giustificare al meglio tutta questa rapidissima scalata verso i piani nobili del brutal più marcio e soffocante, con un disco che, senza troppi giri di parole, lascia letteralmente a bocca aperta.
Il motivo di tanto stupore è presto detto: da una band con neanche due anni di carriera alle spalle, nessuno si sarebbe aspettato un disco dello spessore di The Malignity Born From Despair, violentissimo, di una pesantezza a tratti imbarazzante, strutturato e profondo, e ben pochi musicisti avrebbero potuto trovare un affiatamento e una compattezza degna di cingolato che vi cammina addosso. A questi livelli di brutalità non si inventa nulla, diciamo che il fine ultimo è di trovare la propria interpretazione a un sound che ha dei canoni ben definiti. Ebbene i nostri giapponesi ce la mettono tutta -riuscendoci alla grande- per ritagliarsi un piccolo spazio nel panorama metallico ultra estremo, attraverso un buon uso delle sfuriate tipiche del genere, in cui le chitarre di Takuma Sugano e il drumming di Yuuto Sugano erigono quello che si dice un vero e proprio muro sonoro impenetrabile, e un altrettanto buon utilizzo dei rallentamenti oscuri, opprimenti e sulfurei anch’essi tipici della tradizione americana, grazie ai quali viene creato un mood davvero molto cupo su cui si staglia il growl catacombale (con qualche sporadico sprazzo in scream) di Katsuyuki Oota, monotono, uniforme, leggermente effettato nelle parti più lente, in modo da creare un’eco alquanto inquietante che sovrasta le composizioni.
Si può lavorare ancora sulla personalità, gia molto buona, e su una stesura più accorta delle varie parti dei brani, ma credo non si possa obiettare nulla agli Infected Malignity, dal momento che ci regalano tutto quello che si chiede ad un disco di questa pesantezza: doti strumentali degne di nota, violenza, intelligente massacro. Niente riff sparati a caso, ma tutto secondo uno schema ben preciso che si intuisce immediatamente appena si preme il tasto play del lettore. Se poi ci aggiungiamo una produzione ottima, con suoni sporchi ad hoc (specialmente il suono della batteria, nitido ed estremamente “caldo”) e un bell’artwork, direi che il piccolo capolavoro è compiuto. Vivamente consigliato.
Stefano Risso
Tracklist: