Recensione: The Marriage Of Heaven And Hell
Dopo la mediocre parentesi di “Life Among The Ruins” i Virgin tornano nel 1994 con un album che inizia una trilogia mastodontica, catapultandosi nell’epicità e nella drammaticità che avevano fatto grandi “Age Of Consent” e “Noble Savage”.
siamo di fronte ad un Metal senza tempo, che va al di là di melodie infantili o semplici, strutture ripetute, grazie a composizioni di grande drammaticità, caratterizzate da quel tocco classico nel filigranato guitar-work di Ed Pursino, nelle uniche vocals di David DeFeis: rude potenza che si trasforma in passaggi di grande emotività, graffianti chitarre che incontrano fragili melodie di pianoforte, vocals aggressive si intermezzano a linee pulite e altissime, senza contare le melodie epiche, il pathos…
“I Will Come For You” è una opener a tutta manetta che fa correre brividi lunga la schiena, grazie alla voce di David, aspra, ossessiva, graffiante, accompagnata dal riffing “alla Criss Oliva” (chi ha detto “White Witch”?) di Edward. Da applausi il break centrale, dove David tira fuori il suo lato più emotivo, con un cantato che potrebbe essere definito angelico.
Un’acustica al contempo giocosa e melanconica apre “Weeping Of The Spirits”, che diventa via via più complessa e cambia presto in un’esplosione di energia. Penso che la dinamica del pezzo provi che Joe Ayvazian (che non sarà il miglior drummer del pianeta) è perfettamente a suo agio con la sua inesorabilità nel creare ritmiche da headbanging.
Ancora brillante il guitar work su “Blood and Gasoline”, così come pure le avvolgenti melodie, che in qualche modo marchiano inconfondibilmente il sound degli Steele senza mai ripetersi. Cantabile e coinvolgente, risulta anche pomp, appassionata, emozionante, grazie alle linee di Defeis, impegnatissimo nell’affrescare di tinte romantiche il background del pezzo. Struggente, sul finale, la sua interpretazione lirica.
“Self Crucifixion” parte molto dark per illuminarsi velocemente. Caratterizzata da un’importante presenza di piano e tastiere, la song è immersa in un’atmosfera che potrebbe in qualche modo ricordare quella del film “Zona pericolo” (saga 007), per la sua tensione. L’effetto nella colonna sonora veniva reso tramite synth, mentre qui il tormentone lo fanno tastiere e chitarre, alla lunga un po’ annoianti.
Ancora più oscura, ma decisamente aggressiva è “Last Supper”, un classico Virgin Steele in cui le chitarre ricordano un po’ quelle di “Days of Prayer” dei Solitude Aeturnus, mentre le aspre vocals di David formano una potente amalgama metallica fin dall’inizio. Break deciso nel chorus, che ci riporta al tradizionale sound Virgin Steele, sinfonico e pomp, grandioso contrasto con l’atmosfera oppressiva creata da Edward (qui anche al basso) e Joey ad inizio pezzo.
Una curiosità nei dischi dei VS è la mancanza di soli di tastiera nelle song: l’abilità pianistica di Defeis viene completamente staccata dal resto dei brani, ad aumentare la poesia e il pathos: è il caso di “Warrior’s Lament”, che non a caso anticipa la song migliore del disco, “Trail Of Tears”, semplice e diretta, di quelle che mettono con le spalle al muro…
Tratto da un racconto di Edgar Allan Poe, “The Raven Song” è un altro pezzo heavy e dark piuttosto “esotico”, somigliante ai primi Savatage, o persino a King Diamond, con qualche reminiscenza Iron Maiden. Comunque, l’atmosfera evocata è ricca e fantastica, il songwriting sfavillante e ogni riff o linea vocale sembra sempre ispiratissima.
Arriva anche la ballad di rito, incantevole e magica: “Forever I Will Roam” sembra uscita da “Age Of Consent”, con la differenza che qui David non parla di amori perduti…
Il contrasto creato da questa song, provocante, poetica, matura, tra la precedente e la successiva è davvero surreale. Segue infatti “I Wake Up Screaming”, dai toni quasi grunge, ma al tempo stesso un pezzo a tutta manetta, progressivo e nostalgico (si sentono i gloriosi Black Sabbath di “Sweet Leaf”), con il suo solo intricato e un paio di repentini cambi di tempo.
“House of Dust” è un’altra ballad Savatage style, emozionante e orecchiabile, di nuovo sui temi del perduto amore, ma con maggiore immaginazione fantasy e uno stile lirico in linea con il resto dell’album. Parte delle vocals rimangono inoltre su tonalità basse e aggressive, specialmente sul terzo chorus, quasi a spezzare quel tocco classic deliziosamente fornito dai violini che entrano ed escono continuamente.
L’influenza dei primi Queensryche fa capolino negli arrangiamenti di “Blood Of The Saints”, come pure nelle sue lyrics (la song parla di un uomo che tenta di dominare il mondo), per via dell’alone di mistero che campeggia su tutto il pezzo, tanto più che il solo di chitarra sembra uno di quelli di Chris DeGarmo…
“Life Among The Ruins” è il pomp ai massimi livelli, raggiunti in precedenza da Meat Loaf e pochi altri: infiammato, stravagante e altezzoso, il pezzo è veramente di gran gusto. Notevolissima la sezione centrale, in cui il pianoforte tocca con la sua incongruenza territori progressive.
L’ovvio finale per un album di questa portata e il magniloquente mondo da esso descritto non potrebbe che essere costituito da una song strumentale; e quale migliore della title track? “The Marriage Of Heaven And Hell” è un susseguirsi di emozioni: rimorso, dolore, speranza vengono proposti nel tema/tormentone già accennato in “I Will Come For You”. L’effetto è quello, semplicissimo, di riascoltare tutto di nuovo…
Concettualmente il disco (come l’intera trilogia) tratta di una battaglia tra gli Dei e gli Uomini. Un ritorno all’epicità, dunque, per DeFeis e soci, un ritorno apprezzato soprattutto per il sound che si fa più progressivo e sofisticato, e spiana la strada ad una serie di album che faranno la gloria degli Steele, nonché delineeranno sempre più il loro personalissimo Barbaric Romantic Metal.
Tracklist:
1. I Will Come for You
2. Weeping of the Spirits
3. Blood & Gasoline
4. Self Crucifixion
5. Last Supper
6. Warrior’s Lament
7. Trail of Tears
8. The Raven Song
9. Forever I Will Roam
10. I Wake up Screaming
11. House of Dust
12. Blood of the Saints
13. Life Among the Ruins
14. The Marriage of Heaven and Hell