Recensione: The Metal Opera by Magnus Karlsson

Di Luca Montini - 17 Marzo 2021 - 19:00
The Metal Opera by Magnus Karlsson
Band: Heart Healer
Etichetta: Frontiers Music Srl
Genere: Power 
Anno: 2021
Nazione:
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75

Nuovo progetto per il prolifico chitarrista e compositore Magnus Karlsson, uscito negli ultimi mesi con diversi lavori di ottima qualità: a marzo 2020 con “Worlds Apart”, all’interno del progetto con le voci di Russell Allen ed Anette Olzon, poi nel giugno dello scorso anno con “We Are the Night” per i suoi Magnus Karlsson Free Fall, ai quali si aggiunge “Metal Commando” dei Primal Fear uscito nello stesso mese.

La genesi di questo disco dev’essere stata qualcosa di molto simile a quanto ipotizzato in un commento ironico che potete trovare su Youtube:
Serafino Perugino, CEO di Frontiers: “Ok Magnus, quante cantanti metal vorresti per il tuo prossimo progetto?”
Magnus Karlsson: “Si.”

Ed ecco a voi gli Heart Healer: un ambizioso progettone di metal sinfonico tutto al femminile ben sette voci stellari dal panorama metal mondiale, in buona parte di casa Frontiers: Adrienne Cowan (Seven Spires, Light & Shade) Netta Laurenne (Smackbound), Youmna Jreissati (Ostura) – per chi se lo fosse perso, recuperate l’ottimo “The Room” (2018) – Ailyn (ex-Sirenia), Noora Louhimo (Battle Beast), Margarita Monet (Edge of Paradise) e la già citata Anette Olzon (ex-Nightwish). Il tutto sorretto dalle composizioni orchestrali e dai cori barocchi e svettanti, in costante dialogo con il riffing massiccio e coi solos neoclassici che fuoriescono dalla sei corde di Karlsson.

Per quanto concerne l’aspetto narrativo, “The Metal Opera by Magnus Karlsson” racconta le vicende della Heart Healer, interpretata dalla statunitense Adrienne Cowan, la quale nel primo e solitario brano del disco “Awake”, si risveglia senza avere memoria del passato né della propria identità. Un risveglio sospetto, che stimolerà la curiosità di altri personaggi che fanno capolino in “Come Out of the Shadows”, con un invito molto palese ad uscire dalle tenebre e mostrarsi al mondo. Attraverso le tracce compongono il lotto la protagonista scoprirà di avere il potere di toccare le anime e curare i cuori delle persone, come raccontato in “Back to Life”. Ma non tutti i personaggi saranno particolarmente benevoli con la protagonista, come la sfuggente e scettica Noora in “Into the Unknown”, in un brano particolarmente rappresentativo dell’album ed uscito come singolo, corredato da un videoclip.
Nei pezzi successivi la Heart Healer sarà sempre più osteggiata dalle colleghe, che in “Mesmerized” la definiranno una strega tentatrice capace di avvelenare ed accecare le vittime del suo incantesimo, finché, nel lento “Waker”, il plot-twist finale: ogni cuore salvato rende la Cowan sempre più debole. No, non siamo in Kingdom Hearts.
Il disco termina con uno tra i brani più interessanti: “This is not the End”, in una possibile riappacificazione finale delle protagoniste nel dolcissimo chorus cantato a più voci, in cui compaiono tutte e sette le cantanti ad incitare il personaggio principale alla resistenza. O resilienza, come usa dire oggi.
Una trama quindi abbastanza semplice nel concept, più che altro un pretesto per sprigionare le voci delle ladies coinvolte in questa prima metal opera tutta al femminile.

Al termine dell’ascolto, “The Metal Opera by Magnus Karlsson” si presenta come un lavoro solido e compatto, da ascoltare nella sua interezza piuttosto che preferire una selezione di singoli brani, forte di una buona produzione e di un ottimo lavoro compositivo che sa lasciare spazio alle dolci voci delle protagoniste, senza eccedere con i funambolismi chitarristici ed il riffing più prettamente metallico del nostro compositore. D’altro canto, permane l’impressione che il potenziale delle interpreti non sia stato completamente sfruttato, in favore di una scrittura fin troppo melodica e patinata per artiste che nelle rispettive band di provenienza propongono generi spesso anche molto lontani l’uno dall’altro. La pur ottima track finale costituisce un buon esempio: melodie soavi, bell’assolo ma poca profondità. Nessuna traccia del buon growl della Cowan, con la sola Louhimo a rappresentare quell’elemento di discontinuità che se massimizzato avrebbe reso più dinamico il dialogo della protagonista con gli altri personaggi – sia in senso narrativo che musicale.
Ascolto consigliato a tutti gli amanti del metal melodico e sinfonico e delle voci femminili, che può costituire anche un buon rimando ad approfondire le rispettive band di appartenenza delle interpreti, in un mondo musicale davvero ricco e tutto da scoprire.

I will show you all
You ain’t seen nothing yet
I am still, I am still alive
This is not the end
This is not the end

Luca “Montsteen” Montini

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