Recensione: The Mirror Star
Proseguendo nella ricerca costante di nuovi talenti in giro per il mondo, Frontiers Music non ha effettivamente limiti territoriali.
Proprio come il nome dell’etichetta suggerisce, le “frontiere” del rock sono infinite e possono offrire sorprese un po’ ovunque.
In Cile ad esempio, terra non certo nota alle cronache per particolari highlights in campo musicale. Figuriamoci dalle parti di hard rock e melodic metal.
Si tratta pur sempre di un linguaggio universale: un adagio ripetuto molte volte. Non sorprende pertanto che questa volta la lieta novella provenga proprio dal remoto paese sudamericano con il moniker di Sinner’s Blood, una giovane e promettente band che nel sound nulla ha di latino ma pare piuttosto omaggiare parecchi tratti della grande tradizione nordeuropea.
Che i talent scout di Frontiers abbiano inoltre un debole per le grandi voci è cosa risaputa. E semmai fosse servita una conferma, eccola pronta. James Robledo è, nemmeno a dirlo, un frontman di livello superiore che parte dall’immortale Ronnie James Dio per assumere nelle sfumature della propria ugola un bel po’ di riferimenti al mastodontico Jorn, a Joe Lynn Turner, Russell Allen ed a Tom Englund.
Un gran “bell’animale” insomma, sin da subito posizionabile assieme a Dino Jelusić, Ronnie Romero e Renan Zonta, in quella lista di nuovi singer destinati a raccogliere l’eredità dei maestri per svilupparla negli anni a venire.
Va da se che un progetto puntellato da una grande voce, parte con evidente vantaggio ed immediate basi a favore. I cileni ad ogni modo mostrano d’essere pure tutt’altro che insipienti nella confezione dei brani scelti per rappresentare quello che si manifesta come un esordio assoluto.
Forse non originalissimi ma ugualmente gustosi ed efficaci, i Sinner’s Blood cavalcano un corposo hard rock spesso metallizzato, passionale e robusto, frutto di modernismi ed arrangiamenti contemporanei.
Un certo numero di canzoni interessanti, soprattutto ben costruite ed ancor più importante, godibili, sono il menù di un album che tocca vari elementi noti nell’universo melodic metal. Masterplan, Jorn, Evergrey, Lords of Black, ultimi Pretty Maids, il margine stilistico verso cui tende con evidenza l’ispirazione.
Pochi eccessi solistici nonostante una tecnica impeccabile, sono poi significativa stigma di quanto ai cileni interessi badare alla sostanza evitando il proverbiale fumo negli occhi.
Un contorno, si badi bene, che non lesina raffinatezze in termini di atmosfere e produzione è, tuttavia, il corollario di brani scattanti ed immediati, in cui il dualismo voce rovente e chitarre torride sostiene un impianto dai suoni piuttosto contemporanei.
Alcuni cori efficaci, con annesso ritornello incisivo, e qualche suggestione intimista, suggellano un album melodic metal davvero di buon livello, in cui pezzi come “Phoenix Rise“, “Remember Me“, “Never Resting Soul” e “Awakening” rappresentano l’apice assoluto.
Senza proporre nulla di particolarmente nuovo ma rielaborando con perizia stilemi e codici già consolidati, i Sinner’s Blood consegnano alle cronache un prodotto di massima godibilità e resa.
Si ascolta con piacere per intero, è ben suonato e molto ben cantato: “The Mirror Star” può, a buon titolo, considerarsi un debutto riuscito.
Tra i migliori dell’anno, probabilmente…