Recensione: The Muse Awakens
Non esiste una macchina del tempo, è grave? Dopo due dischi registrati sul finire degli anni settanta lo storico gruppo americano capitanato dal chitarrista Stan Whitaker torna improvvisamente sul polveroso palcoscenico progressive rock con un disco strumentale molto interessante, riflessivo e malinconico (ma anche estremamente buffo) come solo musicisti di grande esperienza possono produrre. Le strade di ogni componente del gruppo si sono separate per ricongiungersi in una nuova incisione dopo 26 lunghissimi anni che tuttavia hanno lasciato inalterato lo spirito creativo e l’estro compositivo delle muse che hanno ispirato le realizzazioni precedenti.
Frank Wyatt – Saxes, Keyboards, Woodwinds
Stanley Whitaker – Guitars, Vocal
David Rosenthal – Keyboards
Joe Bergamini – Drums, Percussion
Rick Kennel – Bass
Impegnato fino a pochi anni fa con il gruppo Ten Jinn, Whitaker decide di riprendere l’attività del gruppo in seguito ad un insolito incontro fatto durante un festival progressivo organizzato in Mexico: alla fine del concerto decine di persone stringono la sua mano spiegando quanto il fenomeno Happy The Man avesse significato per loro. Una volta tornato a casa il chitarrista contatta immediatamente Frank Wyatt e Rick Kennel che non si tirano indietro, il secondo tastierista Kit Watkins offre la disponibilità per registrare un nuovo disco ma si rifiuta di suonare dal vivo e per questo motivo viene escluso dalla formazione definitiva, si apre la strada a David Rosenthal già stretto collaboratore di Robert Palmer e Rainbow, mentre per quanto riguarda il batterista ci vorrà molto tempo prima di trovare in Joe Bergamini un eccellente conoscitore del tempo in grado di tenere testa ad intrepidi 10/8 come a rapidi cambi di tempo da 7/8 a 8/8. La struttura dei brani è molto semplice, sfrutta la fluidità di una stesura naturale, fresca. La tecnica viene sacrificata per garantire una atmosfera rilassante e come già detto riflessiva: il pensiero si muove con delicatezza sul lavoro studiato dai due tastieristi, gli strumenti a fiato (intendo sax, clarinetto e flauto) non possono che contribuire al risultato complessivo senza litigare con le piacevoli distorsioni di chitarra, capacità rappresentate da gruppi più famosi come Gentle Giant e Camel che diversamente non hanno mai fermato la loro corsa. Proprio per questo motivo forse non è il caso di parlare di capolavoro, la musica è buona ma abbastanza dispersiva e priva di mordente o punti di riferimento su cui fare presa: pause troppo lunghe non possono essere tollerate da un genere di rock che presuppone il progresso melodico, c’è un buco nero troppo profondo che difficilmente può essere colmato dai tre membri originari della band, confido tuttavia nell’attività restauratrice delle nuove leve entrate a far parte del progetto.
Andrea’Onirica’Perdichizzi
TrackList:
01. Contemporary Insanity
02. The Muse Awakens
03. Stepping Through Time
04. Kindred Spirits
05. Lunch At The Psychedelicatessen
06. Slipstream
07. Barking Spiders
08. Adrift
09. Shadowlites (voice)
10. Maui Sunset
11. Il Quinto Mare