Recensione: The Never Ending Course Of Time

Di Onirica - 28 Giugno 2003 - 0:00
The Never Ending Course Of Time
Band: Firestorm
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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75

Un altro validissimo gruppo italiano presenta la sua dimostrazione di forza alla critica. Progressive metal è la strada principale scelta, anche se non si può nascondere una particolare vena aggressiva nell’interpretazione di questo genere: la classica formazione a cinque viene infatti nutrita di una chitarra che senza ombra di dubbio riesce a fare la differenza nel tentativo di costruire un vero e proprio muro sonoro, un incastro di metallo pesante e tecnica melodica. Come in qualsiasi lavoro che si rispetti non mancano neanche le forti emozioni ed i rallentamenti pregiati, anche se a mio parere la componente elettronica è stata troppo bruscamente gestita, non sembra dosata in modo uniforme all’interno di questi abbondanti 24 minuti ma forse inserita a blocchi in brevi tratti che possono creare non pochi problemi nell’esecuzione dal vivo. Ottima davvero la produzione: soddisfacente sia nei momenti squisiti e rilassanti che riguardano ad esempio il brano che offre il nome a questo demo in quarta posizione, sia nei secondi devastanti che costituiscono le impetuose cavalcate di batteria e chitarre. Questo demo è stato prodotto dal chitarrista della band Manuele Pesaresi ai Dyne Engine Studios tra dicembre 2002 e marzo 2003.

Soltanto la voce di Andrea Ottavianelli sembra abbastanza fiacca e poco all’altezza della composizione che lo circonda, ostinata a non azzardare in nessun modo e troppo costante nel suo proseguire, non sembra riuscire a trovare alternative significative alla monotona ottava in cui è stata registrata la sua performance. Le profonde distorsioni di chitarra in Tempus Fugit risentono moltissimo di questo ostentato tentativo di frenare la rincorsa verso i piatti dell’onnipresente Lucio Bacchiocchi, la voce non scende per diventare più cattiva nè tantomento cerca di elevarsi di tonalità per evitare di essere travolta dallo spaventoso matrimonio fra le tastiere di Marco Brugè e le chitarre di Manuele Pesaresi e Daniele Serenelli. Falling Into Dark Apathy costituisce un altro importantissimo capitolo fra queste cinque tracce, sicuramente quello più rappresentativo: la componente elettronica spesso è prova di un elemento cui il gruppo non vuole rinunciare, facciamo la conoscenza dei preziosi riff che i due chitarristi riescono a confezionare, ma soprattutto è grazie a questo pezzo che possiamo renderci conto dello straordinario affiatamento del gruppo nella stesura dei pezzi, non è certo semplice ottenere un risultato tanto efficace e complesso sfruttando due chitarre, batteria e tastiera. Ben fatto ragazzi, se la struttura spesso frammentaria dei brani venisse modificata a favore di un contesto più continuo e travolgente non ci sarebbero altri ostacoli verso la produzione di un full lenght di tutto rispetto. Buona fortuna.

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

01. Last Minutes
02. Falling Into Dark Apathy
03. Tempus Fugit
04. The Never Ending Course Of Time
05. Shadows In My Min

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