Recensione: The New Order
I Testament sono ancora oggi uno dei gruppi più importanti della scena Thrash mondiale, che ormai cavalcano con successo da più di 15 anni, e di certo sono uno dei pochi gruppi del genere che non hanno mai rinnegato il loro suono, ma hanno sempre continuato per la loro strada, fregandosene delle mode del momento, al contrario di molte band che avevano reso grande il Thrash a metà anni ’80.
Per i 5 californiani il compito di bissare il successo di “The Legacy”, un disco che li ha proiettati in cima alle preferenze dei thrasher di mezzo mondo, non era certo dei più semplici, ma grazie alle loro indiscutibili capacità tecnico-compositive i Testament, con questo “The New Order”, sono riusciti a creare un disco magistrale, in cui la band dimostra al mondo di non essere certo un fuoco di paglia.
Tutto l’album è un susseguirsi di veri e propri classici, basta citare canzoni come “Trial by Fire”, “Into the Pit”, “Disciple of the Watch” o “The Preacher” ed ogni amante del Thrash dovrebbe già capire il livello incredibile delle composizioni presenti nel disco; è davvero stupefacente come il disco suoni attuale ancora oggi, a distanza di 15 anni dalla sua uscita.
Di certo l’influenza dei Metallica del tempo è sempre ben presente, ma la forza del gruppo è proprio quella di riuscire ad incorporare questa influenza senza però mai copiare in maniera palese quello che era il sound degli allora Four Horsemen, ma rielaborandone i dettami secondo un gusto del tutto personale, grazie soprattutto alla voce estremamente riconoscibile dell’enorme pellerossa Chuck Billy ed a una perizia tecnica davvero incredibile, soprattutto per quanto riguarda la prestazione di Alex Skolnick alla chitarra, davvero impressionante, forse l’unico anello debole della catena è rappresentato dal batterista Louie Clemente, che non mi sembra all’altezza dei suoi compagni.
L’album sprigiona una potenza devastante, ogni solco del vinile ha una carica di aggressività che non teme confronti, non un aggressione continua come può essere quella degli Slayer per esempio, ma un aggressività più “intelligente”, portata avanti su coordinate decisamente tecniche.
La produzione è quella tipica dell’epoca, sporca al punto giusto per far sì che le canzoni possano rendere al meglio, ma con tutti gli strumenti che riescono a ritagliarsi il loro giusto spazio.
I Testament nel corso degli anni hanno dimostrato che non serve cambiare genere per fare buona musica, basta avere le idee per portare avanti coerentemente il proprio discorso, cosa che loro hanno dimostrato di saper fare al contrario di altre band, e questo “The New Order” ci fa capire come il gruppo di idee ne abbia sempre avute parecchie, e sempre molto valide.