Recensione: The Nightmare Of Being

Di Gianluca Fontanesi - 28 Giugno 2021 - 0:57
The Nightmare Of Being
Band: At The Gates
Genere: Death 
Anno: 2021
Nazione:
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77

Il settimo album degli At The Gates è finalmente tra noi! The Nightmare Of Being si presenta subito in grande stile con l’ottimo artwork a cura di Eva Nahon e, per chi si fosse perso la nostra anteprima (clicca qui per leggerla), portatore di grandi sorprese nel sound della band svedese.

Tagliando subito la testa al toro, questo è un disco che prende altre direzioni e le prende molto seriamente. E’ un’opera ben costruita e perfettamente in equilibrio tra vecchio e nuovo. Per intenderci, non aspettatevi un disco degli At The Gates nella loro accezione più classica perché siete totalmente fuori strada. I brani suonati alla vecchia maniera occupano più o meno la metà della tracklist, mentre il resto si occupa di altro.

Con queste premesse in molti potrebbero storcere il naso, ma garantiamo che sarebbe un grave errore, soprattutto in virtù del fatto che i momenti migliori di The Nightmare Of Being sono proprio quelli dove si cambia genere praticamente in toto. Vogliamo parlare di Garden Of Cyrus, ad esempio? A parte il sax, che ormai è talmente inflazionato da essere membro fisso delle band brutal, qui ci sono grandi riff e grandi atmosfere e la prima parte col cantato parlato è un vero e proprio valore aggiunto.

The Fall Into Time poi è un capolavoro e di gran lunga il brano migliore dell’album. Qui tutto è a livello altissimo: dal riff principale a un inedito ponte che trasuda anni ’70 l’ispirazione è massima e l’ascolto appagante. E Cosmic Pessimism con la sua strofa parlata e le chitarre in clean? Ricorda certi esperimenti che fecero i Gardenian nel bellissimo Sindustries. Ce n’è per tutti i gusti qui, e gli At The Gates hanno concepito saggiamente il tutto intervallandolo con brani più ortodossi, andando quindi a mantenere intatta l’identità della band.

Questi ultimi funzionano bene ma non sempre: se la opener Spectre Of Extintion e la titletrack girano benissimo e sono un ottimo pugno in faccia, brani come The Paradox, Touched by the White Hands of Death o Cult Of Salvation risultano sì piacevoli ma alla lunga troppo prevedibili, dalle strutture ripetitive e con alcuni riff praticamente intercambiabili. The Abstract Enthroned migliora un po’ le cose e si sarebbe potuto invece fare di più con la conclusiva Eternal Winter Of Reason, che ha un minutaggio striminzito e sa di occasione persa; considerato il piglio del disco ci si sarebbe aspettati un finale più epico e roboante.

Tutto sommato The Nightmare Of Being è un’opera che non stufa praticamente mai e si ascolta sempre con piacere. Non stiamo parlando di un capolavoro ma sicuramente del miglior disco post reunion. At War With Reality e To Drink From The Night Itself risultavano più tremolanti e incerti mentre qui le idee sono chiarissime e si è sentito. Servirebbe solo una svecchiata di riffing sui brani più classici; anche se si è inventori e portatori sani di un marchio di fabbrica, ogni tanto un rinnovamento sarebbe sacrosanto. Infine rimane sospeso un punto di domanda sulle intenzioni della band: continueranno a comporre un misto di ortodossia e sperimentazione? Questo disco andrà male e si tornerà in lidi più classici o andrà benissimo e si finirà per sperimentare e basta? Ad oggi non lo sappiamo, ma di certo lo scopriremo nella prossima puntata, per ora va ampiamente bene così.

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