Recensione: The Obscure I
Nati inizialmente col nome di So Cold, per suonare un gothic con voce femminile fortemente ispirato dalla scena finlandese (chi ha detto Nightwish?), nel 2009 cambiano nome nell’attuale Hadal. Insieme al cambio di nome arriva anche la decisione di cambiare direzione a livello stilistico, abbandonando alcune facili scelte di natura più commerciale per produrre musica più sentita e personale. Ne nasce, così, un primo demo nel 2012, con ancora alla voce l’originale cantante Alessia, ma è solo con la sua uscita e l’entrata della voce maschile di Alberto, che l’evoluzione musicale del gruppo si concretizza definitivamente.
Questo “The Obscure I“, infatti, è decisamente lontano dagli albori della band. Scordatevi Nightwish e simili perché gli Hadal suonano un doom evocativo, con qualche venatura gothic vecchia maniera, che ricorda piuttosto band come i Novembre e i primi Paradise Lost.
Il sound è vario e capace di alternare passaggi acustici ad altri con rocciosi riff di chitarra, che sembrano quasi aver più a che spartire con il death svedese. La voce, inoltre, riesce a non essere da meno, assecondando sia i momenti più lenti e malinconici, che quelli più aggressivi, passando agilmente da vocals pulite e molto profonde, a un buon growl.
Il songwriting è ispirato e riesce a mostrare le qualità di questo gruppo. Sia i pezzi riflessivi che quelli violenti sono ben scritti e dimostrano che la band sa quello che fa e conosce la materia che maneggia. I brani migliori, però, rimangono quelli in cui gli Hadal riescono a legare queste due anime in canzoni capaci di passare dall’una all’altra senza soluzione di continuità, in cui l’elemento riflessivo sembra continuare a rimanere, latente di sottofondo, mentre si sfoga la rabbia e al contempo la furia sembra covare sotto la cenere nei momenti più lenti e malinconici, pronta a scatenarsi di nuovo.
Non tutto, ovviamente, è ancora perfetto (in realtà non lo è mai, neanche negli album sfornati da grandi nomi con anni e anni di esperienza alle spalle). Vi è una fin troppo evidente unità stilistica nelle canzoni, che tendono a ripetere alcune strutture, risultando così un po’ troppo uguali tra loro. Dall’altra parte questa similarità per tutto il demo fa sì che l’ascolto ingeneri un mood permanente, che rimane inalterato per tutta la durata (circa 30 minuti), quasi che si stesse ascoltando un’unica, lunghissima, canzone.
Per concludere “The Obscure I” è un valido demo realizzato da una band che ha avuto, soprattutto, il coraggio di lasciare una strada facile, commerciale, che probabilmente avrebbe potuto anche regalargli qualche soddisfazione in più, per percorrere, invece, una via più personale. Speriamo che gli Hadal abbiano la forza per continuare e che, nonostante tutto, riescano a trovare qualcuno che creda in loro. Sono queste le realtà che andrebbero maggiormente sostenute, quelle dotate di personalità e originalità, che suonano fregandosene delle mode e di cosa tira in quel momento. Insomma, che scrivono musica che non viene dal portafoglio, ma dal cuore, anche se è un cuore oscuro come il loro.
Alex “Engash-Krul” Calvi