Recensione: The Offering
Ghiottissima anticipazione questo EP omonimo degli americani The Offering, esordio di cinque pezzi che prelude il primo full lenght dei nostri, di prossima pubblicazione. Il quintetto di Boston nasce nel 2015 e sembra intenzionato a far parlare di sé grazie a una proposta agile e carismatica, in cui lo U.S. Power più tirato si fonde con il, chiamiamolo così, post-thrash degli ultimi Nevermore, col death melodico dell’epoca d’oro di Göteborg e il metallo classico e stridente dei Judas Priest per creare un unicum denso e avvincente, aggressivo e deciso, senza per questo scadere nella banale macelleria siderurgica. Le capacità strumentali sono di quelle da tenere in considerazione e permettono ai cinque bostoniani di reggere saldamente le redini delle composizioni, nonostante le strutture in alcuni casi piuttosto complesse e compresse, e di mantenerle sempre accattivanti senza sbracare, evitando così di perdersi nelle sterili dimostrazioni di autocompiacimento che se ne stanno sempre in agguato negli angolini più reconditi dell’ego. Sebbene tutto il gruppo si dimostri perfettamente all’altezza della situazione, mi si permetta una menzione particolare per il cantante Alex Richichi, dalla timbrica interessante, furiosa ma versatile, che in un paio di occasioni mi ha ricordato addirittura sua maestà Halford.
Partenza a razzo con la diretta “Rat King”, opener energica in cui i Nevermore incontrano i Judas Priest di “Painkiller” e fanno terra bruciata intorno a loro grazie a ritmiche furenti e solide e chitarre grasse. Nonostante la sonora dose di mazzate dispensata dai nostri, una melodia di fondo non manca mai e spunta di tanto in tanto nell’amalgama sonoro del quintetto, soprattutto nei brevi rallentamenti e nella sezione strumentale centrale. Un ottimo inizio, niente da dire, che viene bissato senza problemi dalla più ritmata ma altrettanto affascinante “Tales of Hell”, la quale sviluppa una maggiore attenzione per le melodie senza, per questo, perdere un briciolo di carica. Bello anche il breve assolo centrale, che introduce un paio di schegge quasi progressive nella mistura già esplosiva dei nostri. Si prosegue con “The Well”, altra canzone arrembante e adrenalinica in cui i richiami al metal classico si fanno più insistenti (ascoltate la voce e poi mi farete sapere) e che viene benedetta da un ritornello che definirei solo come galvanizzante. Il breve rallentamento centrale dona groove al pezzo prima di aprire alla sezione solista, mentre l’ammorbidimento sonoro nell’ultima parte si rivela una mera illusione, dissolta da un finale minaccioso e quadrato. “Witch Pit” si apre con una pesante iniezione di cattiveria, seppur stemperata dalle voci pulite in sottofondo, mentre il gruppo decide di alternare pesanti bordate compresse a intermezzi meno asfissianti, a cui si sovrappongono furibonde accelerazioni più smaccatamente thrash. Durante i concerti prevedo una notevole dose di mazzate durante questo pezzo, niente di più e niente di meno.
Chiude questo appetitoso preludio la title track, introdotta da melodie maestose e compassate sorrette da cori solenni e voci pulite. Nessuna paura, i nostri bostoniani non si sono ammosciati, e anzi direi che per certi versi hanno deciso di lasciare il meglio alla fine: la violenza non manca, e si alterna sapientemente agli squarci melodici per creare una canzone isterica e monumentale al tempo stesso, quasi schizoide nel suo continuo ed apparentemente caotico passaggio da un umore all’altro, ma al termine dei suoi sei minuti e mezzo non posso far altro che applaudire al quinto pezzo (su un totale di cinque) decisamente ben fatto.
Se le premesse sono queste, i nostri hanno di certo un radioso futuro davanti: inutile dire che attendo trepidante e fiducioso il loro debutto su minutaggi più importanti, ma per il momento questo “The Offering” mi va più che bene.