Recensione: The Old Road

Di Riccardo Angelini - 3 Febbraio 2009 - 0:00
The Old Road
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2008
Nazione:
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85

 

Fra gli album passati immeritatamente in sordina nel corso del 2008, un posto d’onore se lo conquista senza nessun dubbio ‘The Old Road’. Composto dal tastierista e fondatore degli IQ Martin Orford (noto anche come mastermind dei Jadis), l’album rappresenta uno sfolgorante ritorno di fiamma da parte della tradizione prog romantica più pura e genuina.

Pacato ma risoluto, ‘The Old Road’ si fa portavoce di un modo di fare musica ormai dimenticato, se vogliamo anacronistico, in netta opposizione ai trend di una scena che si impone, talvolta in modo forzato e innaturale, di apparire moderna e al passo coi tempi. Non troverete dunque suggestioni elettroniche, velleità sperimentali o tantomeno ammiccanti cenni nei confronti di qualche band di grido.
Le influenze di Martin appartengono agli anni ’60 e ’70, e rispondono ai nomi di Jethro Tull, Genesis, Yes, Camel, Pink Floyd, Renaissance ma anche Moody Blues e Uriah Heep, in un amalgama perfettamente equilibrato di prog sinfonico e folk.
I testi stessi si ergono a portavoce del messaggio dell’album, che trova nella title-track il suo manifesto essenziale:

 

 

 

 

So we’re taking the old road

To rediscover things we’d taken for granted

Losing the heavy load

Try to make the most of every day

We’re taking the old road

Back to where the seeds of wisdom were planted

Leaving the race forever

And reject the modern way

 

 

Abbandonata la via della sperimentazione, il gioco di Martin si chiude a riccio su sonorità conservatrici e autocratiche. A lasciare sbalorditi è il livello di eccellenza del songwriting, che mette in luce un’accuratissima ricerca melodica, fondata su armonie raffinate, di grande immediatezza e apparente semplicità. La lunga esperienza maturata dal leader di uno fra i più importanti gruppi della scena neo-progressive emerge nell’autorevolezza delle singole composizioni.

 

La poetica romantica di Orford conosce numerose vette. ‘Ray Of Hope’ riscalda l’animo con un giro di chitarra nostalgico ma altresì vitale. Le linee vocali di Martin abbracciano strofa e ritornello, sviluppando una progressione fluida e delicate, intervallata soltanto da un epico solo di chitarra. Più sostenuti i toni di ‘Take Me To The Sun’, enfatica nel drumming e ariosa negli ampi spazi aperti da tastiere e cantato. La title-track sposta invece il gioco sulla potenza dei cori e sulle incursioni dei violini, incastonati a regola d’arte in un intreccio armonico e sempre fluido nonostante gli otto minuti abbondanti di lunghezza. Gli accenti rock s’impennano nello sviluppo di ‘Endgame’, forte di un grande riffing di nuovo a cavallo fra nostalgia e riscatto. È del resto questo il filo conduttore di tutta l’opera: il gioco di passaggio fra il ricordo di un sound non più attuale e l’orgoglio per uno stile e un’attitudine mai del tutto sepolti.

 

In risposta a chi ritiene sperimentazione e innovazione i tratti distintivi del progressive, Martin Orford si fa avanti con un album che più classico non si può. In questo senso, ‘The Old Road’ avrebbe potuto essere scritto anche trenta o quaranta anni fa. Non c’è nulla di nuovo nel suo modus componendi. Tuttavia è impossibile sottrarsi all’evidenza che la sua anima è progressive al cento per cento. Allo stesso modo, è difficile rimanere indifferenti di fronte a una collezione di brani senza tempo, mai troppo involuti o pretenziosi, votati tutti a salutare ciascuno a modo proprio una tradizione fra le più ricche e fertili che la storia della musica abbia mai conosciuto.

 

A margine di tutto questo, c’è una cattiva notizia. Dopo la release di ‘The Old Road’, Martin ha dichiarato la sua intenzione di abbandonare il music business, disilluso dal dilagare del file-sharing e della cosiddetta cultura della musica libera. È probabile che qualcuno vorrà sostenere la sua causa, laddove altri riterranno di sindacarne le ragioni. Certo è quel che il mondo della “musica libera” ha perso con questo improvviso ritiro dalle scene: chi non sente il peso di tale responsabilità, alzi la mano.

 

 

“Into the endgame, bound for surrender,

We make no sound

Taking the old road, leaving the download

To claim our ground

And no one stopped and cried

On the day the music died”

 

 

Riccardo Angelini

 

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Tracklist:

1. Grand Designs (9:58)

2. Power And Speed (5:58)

3. Ray Of Hope (3:53)

4. Take It To The Sun (5:26)

5. Prelude (1:36)

6. The Old Road (8:37)

7. Out In The Darkness (6:27)

8. The Time And The Season (10:46)

9. Endgame (5:20)

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