Recensione: The Olden Domain
Ci troviamo di fronte a una delle band norvegesi forse più all-star in quanto nella line up di questo disco è concentrata la migliore scena black del periodo. Parto col dire che alla voce compare il camaleontico Garm (nei credits è citato con lo pseudonimo di Fiery G. Maelstrom, nda) leader di bands spettacolari quali Ulver e Arcturus, dietro le pelli troviamo il monolitico Eric “Grim” (R.I.P.) già membro di Gorgoroth e avente all’attivo anche una partecipazione con gli Immortal, e infine a conclusione del roster di all-star c’è Ivar Bjornson degli Enslaved. C’è però da precisare un aspetto fondamentale: anche se ho citato tutti i membri illustri della band è il chitarrista Oynstein G. Brun a comporre ed arrangiare tutte le song dell’album. Il sound del disco è in puro stile Borknagar, maestoso, epico e melodico, non particolarmente aggressivo e permeato dal continuo e azzeccato uso di chitarre acustiche che rendono il tutto ancora più malinconico e triste. La voce di Garm è sempre precisa e disarmante nei suoi continui cambiamenti: da momenti di clean vocals ricchi di pathos espressivo a sfuriate di screaming black senza mai una sbavatura o un’ imprecisione; il drumming è impeccabile, preciso come Grim sa fare e infine le armonie di chitarra e tastiera vanno ad inserirsi alla perfezione nella complicata tessitura del disco. Le liriche, come accade spesso in produzioni epic/viking, sono dedicate al “Northern Landscape” e sono intrise di una poeticità molto sentita e complessa. A mio parere questo secondo episodio targato Borknagar è da considerarsi come il migliore della produzione, anche successiva, della band, la quale però è rimasta sempre fedele ai ben alti standard compositivi che l’hanno sempre caratterizzata e distinta.
Tracklist:
1. The Eye of Oden
2. The Winterway
3. Om Hundrede Aar Er Alting Glemt
4. A Tale of Pagan Tongue
5. To Mount and Rove
6. Grimland Domain
7. Ascension of Our Fathers
8. The Down of the End