Recensione: The Onslaught
Si fa un gran parlare di Lazarus A.D., quartetto del Wisconsin che ha debuttato nel 2007 con The Onslaught, CD auto-prodotto a tiratura limitata (un migliaio di copie). Il gruppo s’è fatto le ossa nel circuito di Milwaukee, arrivando a calcare lo stesso palcoscenico di Testament e Anthrax; voci di show incendiari sono giunte all’orecchio di label prestigiose: l’ha spuntata Metal Blade, un treno che non passa due volte. In precedenza, Earache aveva inserito il brano Last Breath nella compilation tematica Thrashing Like a Maniac. Ristampato e remixato da James Murphy (ex-chitarrista di Death, Obituary, Konkhra, nonché produttore affermato), The Onslaught abbina la furia del thrash primigenio a elementi di modernità; una formula che lo rende appetibile tanto ai nostalgici, quanto ai fan di sonorità più alla moda.
Last Breath è un’opener magistrale, costruita su ritmi incalzanti e trame chitarristiche di pregevole fattura. Sin dalle prime battute si apprezza la qualità di registrazione, cristallina ed equilibrata; l’opera di remastering ha dato i suoi frutti. Thou Shall Not Fear denota buon gusto nelle melodie vocali, nonostante il cantato monocorde di Jeff Paulick (impegnato anche al basso); lo screaming programmatico si rivelerà un’arma a doppio taglio. L’intento è quello di recuperare lo spirito genuino degli anni Ottanta, ma senza mescolarsi al carrozzone retrò che invade il mercato. Damnation for the Weak e il mid-tempo Every Word Unheard raddrizzano la bilancia, alternando breakdown e chorus ruffiani al tradizionale assalto thrash metal. L’eredità del passato, uno sguardo al futuro, le radici ben piantate nel terzo millennio: il succo di The Onslaught è tutto qui, nel cozzare di due anime che si rincorrono senza pestarsi i piedi, nonostante una coabitazione difficile. La doppia title-track (Pt. I: Revolution, la quadratura del cerchio, e l’interlocutoria Pt. II: Rebirth) fa da spartiacque tra il primo tempo e un finale che, pur valendosi di brani accattivanti, tradisce una certa flessione. Alla perizia tecnica dei musicisti – una costante – si accompagna un songwriting fluido ma ripetitivo: Lust e Absolute Power, per quanto ben congegnati, suonano come esercizi di stile.
Un colpo al cerchio e uno alla botte: The Onslaught fa del “compromesso” artistico un’opportunità. Non siamo di fronte a un’opera trascendentale, ma il disco è piacevole e discretamente longevo. Il futuro decreterà se la Metal Blade ci ha visto giusto.
Federico Mahmoud
Tracklist:
01 Last Breath
02 Thou Shall Not Fear
03 Damnation for the Weak
04 Every Word Unheard
05 The Onslaught Pt. I – Revolution
06 The Onslaught Pt. II – Rebirth
07 Lust
08 Forged In Blood
09 Absolute Power
10 Who I Really Am