Recensione: The Opium Visions

Di Alessandro Calvi - 7 Dicembre 2005 - 0:00
The Opium Visions
Band: Necroart
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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78

Qualche anno è passato dal primo demo registrato dai Necroart, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e così si son succedute anche le successive uscite del gruppo pavese. Al contempo uscita dopo uscita anche lo stile e il sound della band si è evoluto e modificato.
Dal quasi black degli inizi, passando a un death con elementi sinfonici, i Necroart sono giunti infine a questo “The Opium Visions”, prima fatica discografica edita da Officina Rock, in cui quasi nulla del loro bagaglio di esperienze è stato dimenticato, ma è stato al contrario arricchito da una serie di nuove influenze, non ultimi alcuni inserti folk. Il genere ora proposto dal combo pavese è piuttosto di difficile etichettazione, dagli elementi black sinfonici, a quelli death tecnici e quasi prog in cui gli Opeth sono più di un vago accenno, a quelli gothic atmosferici, a quelli folk, ci troviamo di fronte a un sound decisamente variegato ed anche estremamente interessante.

Degna rappresentante di quanto ho appena detto è sicuramente la traccia d’apertura “The Crimson Minority”. L’inizio con chitarre, basso, batteria e tastiere sinfoniche in sottofondo ci riporta direttamente dalle parti del demo “Dead Rose Parade”, ben presto però fanno capolino alcuni elementi nuovi. Prima la voce pulita (anche se sottoposta a un pesante effetto), poi la comparsa degli elementi folk, qui rappresentati da una melodia quasi da festa del paese a base di mandolino e fisarmonica. La canzone va quindi rapidamente accelerando giungendo a tenere un ritmo velocissimo e rendendo decisamente piacevole e godibile questa seconda parte della composizione.
Di tutt’altro incipit la successiva “Le Fleur Noir”, un suggestivo arpeggio di chitarra acustica accompagna la voce, questa volta pulita, di Max che, tra successivi inserimenti di strumenti alla melodia portante, ci conduce fino al cambio di sonorità. La melodica iniziale molto lenta si fa da parte e si comincia a pestare sull’acceleratore con l’inserimento delle tastiere, delle chitarre elettriche e della voce scream. Proprio su questi continui passaggi, molto ben intrecciati tra loro, da melodia lenta a momenti più aggressivi, si fonda gran parte della canzone.
“Pandemonic Opium Night” è invece il brano forse più vicino alle radici del gruppo. Si tratta una lunga canzone in cui il lato più “black” della band esce in maniera decisamente preponderante, aggressiva, sempre tirata, ma con una naturale strizzata d’occhio alla melodia.
Al quinto posto della scaletta troviamo la traccia più lunga dell’album e probabilmente anche la mia preferita tra quelle qui proposte, cioè “Capricorn Years”. Una canzone che potrebbe quasi essere eletta a bandiera e degna rappresentante di questi “nuovi” Necroart, forse la song più matura, evoluta e coinvolgente qui presentata dal combo pavese. Nei suoi oltre nove minuti di durata trovan posto momenti atmosferici e altri più tirati, il tutto con una malinconia di fondo che decisamente lascia una traccia nell’ascoltatore.
L’ultima “sorpresa” questo album la riserva proprio con la terminale “L’Inverno dell’Anima”, una canzone che ben poco ha a che spartire con il resto dell’album. Niente intrecci di chitarre, niente voci growl o scream, niente cambi di tempo, solo le tastiere sotto alle quali una voce sussurrata recita una poesia.

Qualche critica in questo caso può essere mossa alla produzione che personalmente ho trovato un po’ “spenta” e non così energica come avrebbe invece potuto essere. Il mix degli strumenti è sempre realizzato piuttosto bene e non si riscontrano particolari pecche in questo ambito, quello che si rileva è piuttosto una sorta di opacità dei suoni.
Piccola critica anche per la voce: Max si muove decisamente bene ed è molto a suo agio tra growl e scream, ma un pochino meno nei passaggi di voce pulita. Qualche miglioramento è sicuramente possibile e sono sicuro che con una maggiore esperienza già dal prossimo album sarà capace di sorprendermi in positivo.

Per concludere si tratta di un’opera prima per certi versi decisamente coraggiosa. Se non conoscessi questi ragazzi dagli albori della loro esperienza musicale, probabilmente avrei pensato che fossero pazzi a fare un disco del genere e che probabilmente fossero spinti solo dalla decisione di far parlare di se. In realtà si tratta semplicemente della naturale evoluzione di una band che da anni è punto di riferimento per il movimento underground della zona. Qualche pecca dovuta all’inesperienza, essendo questo il loro debut-album, è sicuramente comprensibile, ma le qualità di questi ragazzi sono innegabili e sono convinto che presto convinceranno tutti come hanno già convinto me.

Tracklist:
01 The Crimson Minority
02 Le Fleur Noir
03 Necronova
04 Pandemonic Opium Night
05 Capricorn Years
06 A Visionary’s Trip
07 Lullabye
08 L’Inverno dell’Anima

Alex “Engash-Krul” Calvi

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