Recensione: The Other Side

Di Riccardo Angelini - 6 Novembre 2005 - 0:00
The Other Side
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Anno: 2005
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70

La sfida più ardua per un giovane chitarrista è spesso quella di riuscire a coniugare una tecnica tutta ancora da dimostrare con un gusto nelle composizioni che sappia catturare e trattenere saldamente l’attenzione dell’ascoltatore. Una sfida che Filippo Martin pare in grado di vincere, asservendo la tecnica alla musica, senza farsi prendere dalla fretta di esibire in un sol colpo tutto il proprio repertorio ma dilazionandolo in maniera ponderata lungo i quattro brani che compongono questo The Other Side. Un demo professionale, registrato e prodotto dallo stesso chitarrista, che ne mette in luce tanto la padronanza dello strumento quanto una certa maturità da compositore.

 

I quindici minuti di durata del cd dimostrativo sono ripartiti equamente tra quattro brani ben distinti tra loro e piuttosto vari al loro interno per quanto omogenei dal punto di vista dello stile. Uno stile quello di Filippo Martin che pare indubbiamente figlio dei più celebri capiscuola del virtuosismo: evidente l’influenza di Steve Vai, ma soprattutto quella di Satriani, soprattutto nel feeling e nell’approccio allo strumento. Tuttavia il giovane chitarrista mostra subito la sua volontà di prendere anche le distanze dai suoi maestri e di reinterpretarne la lezione secondo il proprio gusto. Tale intento traspare subito nell’ottima opener Ice Track, nella quale – oltre al pregevole contributo delle tastiere di Paolo Giantin – colpisce un piacevole e intelligente botta e risposta tra le chitarre dello stesso Martin e quelle di Nicola Balliana (axeman degli Stramonio). Il brano, oltre a risultare decisamente valido dal punto di vista degli arrangiamenti, mette in evidenza la perizia tecnica di Martin, abile nel costruire fraseggi elaborati ma scorrevoli senza puntare solo sulla velocità, riuscendo anzi a strappare ampi consensi in una canzone lenta e d’atmosfera come la pacata Pink Flower. Bene anche Sun Is Shining, traccia eccentrica e, manco a dirlo, solare, che scorre fluida per poco meno di quattro minuti su note calde e avvolgenti. L’ispirazione cala un po’ nel finale, con una Hope coinvolgente solo a tratti, penalizzata da passaggi troppo ovattati e soprattutto da un motivo portante che non riesce a incidere a fondo come vorrebbe, stiracchiandosi su sonorità eccessivamente convulse e impastate.

 

Dal punto di vista della fruibilità musicale, il disco risente in modo determinante di una sezione ritmica sintetica debole e poco incisiva, che infiacchisce le composizioni privandole della verve che solo una mano umana potrebbe dare. Ma qui il focus va ristretto essenzialmente alle chitarre, e queste – dinamiche, versatili, tecniche ma dotate di un buon feeling – convincono appieno. I margini di miglioramento sono indubbiamente ancora ampi, ma senza dubbio il primo passo è stato fatto con il piede giusto.

 

Tracklist:

1. Ice Track

2. Pink Flower

3. Sun Is Shining

4. Hope

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