Recensione: The Overlord Messiah

Di Andrea Bacigalupo - 4 Ottobre 2024 - 23:09
The Overlord Messiah (reissue 2024)
Band: Retched
Etichetta: Sliptrick Records
Genere: Heavy 
Anno: 2024
Nazione:
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70

Le vittime del music business” … ci si potrebbe aprire una rubrica! I Retched sono una band nata nel 1988, dedita ad un classico US Power, fortemente debitore, come da manuale, della NWOBHM più un’alta dose di carica epica, in linea con band tipo Ruthless e Malice, per dare un’idea.

Nello stesso anno avevano registrato ‘The Overlord Messiah’, un EP di sei pezzi discreto, ma forse un po’ fragile perché all’epoca si doveva confrontare con i lavori dei grossi calibri, quali Savatage, Metal Church, Sanctuary, Helstar, giusto per citarne alcuni, rispetto  ai quali, dicendolo schiettamente, per quanto onesto e robusto, non ne era all’altezza.

Comunque il dubbio è stato estirpato alla radice: problemi manageriali (chiamiamoli così …) hanno impedito l’uscita del disco ed hanno portato la band allo scioglimento.

Dopo ben 28 anni, nel 2016, David DerMinasian, l’allora chitarrista, ha rispolverato il monicker, rimasterizzato le registrazioni ed autoprodotto l’album, utilizzandolo come strumento promozionale del nuovo Full-Length che aveva in testa, che però, ad oggi, non è ancora uscito.

Adesso ci riprova la Sliptrick Records: la nuova edizione di ‘The Overload Messiah’ sarà disponibile dal 24 settembre 2024.

Diciamo che è più facile notare questo EP ora, con l’aumento esponenziale della fruibilità gratuita della musica, che non c’era all’epoca, quando gli album si dovevano comprare ed era il portafoglio a fare la selezione tra tantissime uscite “mostruose”, dal Thrash degli Slayer fino al Glam dei Mötley Crüe, con tutto quello che esplodeva di continuo nel mezzo.

È una rispolverata nostalgica che ci sta, se non altro perché le canzoni di ‘The Overlord Messiah’, per quanto rudimentali nella loro linea di scrittura, sono ad ogni modo vera espressione del Metal di quel periodo e simbolo dell’attitudine “Denim, Chains and Leather” che, peraltro, alla fine degli anni ’80, cominciava già a mutare.

Dal primo all’ultimo pezzo è tutta una gragnola di riff aspri e melodie taglienti, immersi in un pesante clima oscuro ed inquietante.

C’è di tutto: l’epicità di ‘Black Leather and Me’, la ruvidezza di ‘Insane’, la marzialità di ‘Lost in the Night’ (molto “proud”, come si usava dire) e la cavalcata bellica di ‘Metal Knights’ … c’è anche il tentativo di andare un po’ oltre con l’esotica ‘The Pharaoh’s Curse’, che intreccia gli stili di Dio ed Iron Maiden e non manca l’arpeggio triste di chitarra acustica che racchiude la muscolare Title-Track, più un sacco di effetti inquietanti, quali temporali e bombardamenti, che vengono fuori in continuazione accrescendo l’atmosfera fumosa di una produzione grezza, chiaramente a poco spendere ma, per qualche strano motivo, sempre efficace.

Insomma, un buon lavoro, che è giusto rimettere in circolo se non altro per la sua genuinità e schiettezza. Chissà cosa sarebbero diventati i Retched se, ad inizio carriera, avessero incontrato un manager in grado di farli emergere? Non lo potremo mai sapere, visto che ora sono rimasti il progetto di un singolo, ma speriamo che la nuova musica dell’irriducibile David DerMinasian (che, intanto, ha rilasciato il singolo ‘Horrific’ nel 2021, che vira verso il Thrash Metal) renda loro giustizia. Aspettiamo!

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