Recensione: The Parallax Theory
“The Parallax Theory”: prima vera realizzazione della neonata Spider Rock Promotion e primo full-length per i romani Blind Horizon.
Il gruppo capitolino, nato nel 2005, cita come principali influenze i Death, i Carcass, i Dark Tranquillity e i King Crimson. Con che è facile dedurre il genere proposto: death con forti elementi di prog. Un connubio che dà il la a uno stile molto complesso, articolato e di lenta assimilazione.
Il songwriting è accurato e dettagliato in ogni minimo particolare, nella certosina ricerca della migliore combinazione delle linee armoniche dettate dai «manuali» dei generi di cui sopra.
Quasi un’ora di musica consente di sviluppare otto lunghi brani per esplorare in lungo e in largo il metodo utilizzato dagli astronomi per calcolare la distanza fra due oggetti posti nello Spazio.
L’anzidetta dedizione all’arte dei Re Cremisi, tuttavia, non deve far pensare a un approccio extra-metal alla questione. Tutt’altro. Alex Di Clemente, per esempio, scuote costantemente l’asta del microfono con un misto growl/scream molto, molto aggressivo e deciso. Il che riporta all’inizio della storia: il death. Death multiforme (anche melodico: “Sex On The Phone”, “I Am Your God”) e contaminato (anche dal jazz …), questo sì, ma intatto nella sua poderosa, primigenia impostazione stilistica. Quando il gioco si fa duro (“Trip For You”), Federico Ferranti e Marco Scafidi non si tirano certo indietro, se devono pestare con decisione per spingere il ritmo in direzione degli estremi. Come non si tirano indietro, anche, Luca Fois e Ambra De Agostini quando occorre lavorare di cesello (“Parallax”). Ecco, a tal proposito, i tre pezzi più lunghi – “Trip For You”, “Shadowman” (top-song, a parere del sottoscritto, per le tante, azzeccate armonizzazioni) e, appunto, “Parallax” – consentono all’ensemble di Roma di esplorare con maggior dettaglio il loro caleidoscopico Universo; fatto di colorate nebulose, le dolci melodie, e di esplosioni stellari, cioè le bordate di potenza bruta. In certi frangenti, inoltre, si possono rivivere le lunghe cavalcate cui erano maestri quasi insuperabili gli italiani con il loro prog rock degli inizi degli anni ’70. I garretti e gli zoccoli delle cavalcature sono stati certamente irrobustiti, però il groove è stato conservato con molta cura e delicatezza pure nelle parti trasognanti e ipnotiche (guitar-solo di “White Echoes”).
Tutto quanto sopra, non bisogna dimenticarsene, è il frutto di una professionalità irreprensibile sotto tutti i punti di vista con i quali si può, anzi si deve, osservare un’opera musicale. La buona riuscita del suono, comprensibile e chiaro anche nei momenti più arzigogolati, è un aspetto quasi sorprendente poiché sia il complesso sia la label sono di giovane età.
Le note negative sono poche. La complicata costruzione delle canzoni all’inizio dell’avventura può disorientare. La carne al fuoco è davvero tanta, e si rischia di fare un’indigestione. Se tuttavia si affronta “The Parallax Theory” con la dovuta pazienza lo stesso passerà numerose volte, e con piacere, nel lettore musicale. Strettamente legato a tale aspetto il rischio che l’ascoltatore si annoi si troppo presto ma questo credo sia stato un rischio ben calcolato, dai Nostri.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Sex On The Phone 5:16
2. I Am Your God 5:39
3. Trip For You 7:58
4. I Deify You 5:23
5. Parallax 8:00
6. White Echoes 5:57
7. All Souls’ Song 5:34
8. Shadowman 9:32
Line-up:
Alex Di Clemente – Voice
Luca Fois – Guitars
Ambra De Agostini – Guitars
Federico Ferranti – Bass
Marco Scafidi – Drums