Recensione: The Parallel Otherworld
Dopo tre anni di silenzio, dovuto all’entrata in pianta stabile dei fratelli Drover nei ranghi dei Megadeth, tornano in scena i canadesi Eidolon. Senza troppo dare nell’occhio la band di Toronto ha collezionato in poco più di una decina di anni qualcosa come sette full-length, compreso il qui presente The Parallel Otherworld, cui va aggiunta una raccolta datata 2003. Nonostante i frenetici ritmi di pubblicazione possano destar sospetti circa la qualità delle singole uscite, bisogna riconoscere che, pur senza fare sfracelli, il combo nordamericano è riuscito a forgiare un power/thrash quadrato e maturo, indubbiamente meritevole di più di un’attenzione.
Per il loro ritorno in scena Glen e Shawn Drover, rispettivamente chitarra e batteria, ritrovano il basso di Brian Robichaud, in forza alla band dai tempi di Nightmare World, mentre si vedono costretti a far fronte all’addio del singer Pat Mulock, dietro al microfono per gli ultimi due album. Al suo posto recuperano una voce inconfondibile per i cultori del prog scandinavo: si tratta del Nils K. Rue, singer dei norvegesi Pagan’s Mind, anch’essi reduci da un felice ritorno sul mercato a metà 2005 con il valido Enigmatic: Calling. Il suo timbro aperto e potente si coniuga sorprendentemente bene con il piglio oscuro e roccioso della band, e brani come Shadowwanderer, la massiccia Astral Fight e la granitica Thousend Winters Old – su cui regala anche un acuto da brividi – rivelano il potenziale esplosivo del nuovo matrimonio.
L’arrivo del nuovo vocalist non pare essere passato senza conseguenze anche per quanto riguarda il songwriting, come si evince dal fatto che, rispetto al passato, gli Eidolon abbiano acquisito parecchi punti sotto il profilo della varietà delle soluzioni ritmico-melodiche, per alcuni versi quasi prog-oriented. Dal canto loro le sei corde di Glen Drover continuano a macinare imperterrite riff spaccaossa, supportate da una sezione ritmica potente e versatile: un pezzo come Arcturus #9 è una vera cannonata in faccia a chi conosce solo la frangia più melodica del power metal.
A suonare la carica ci aveva pensato la title track, protratta tra rasoiate chitarristiche al fulmicotone, repentini cambi di tempo e interruzioni riflessive per poco meno di dodici primi. Al bando le ballad, di lì in avanti gli attimi per tirare fiato si contano sulla punta delle dita. Chicca finale la brillante cover di The Oath, tributo ai Mercyful Fate di Don’t Break the Oath e a King Diamond, al cui fianco lo stesso Glen ha collaborato ai tempi di House of God. Nulla da aggiungere a quanto finora osservato, anche se merita di essere ribadita ancora una volta la grande prova di Nils.
The Parallel Otherworld è la risposta dei fratelli Drover a quanti vedevano già gli Eidolon relegati a mero side-project, dopo la convocazione dei due alla corte di re Mustaine. Senza l’ansia del capolavoro, la formazione canadese va a segno con una bordata potente e ben calibrata, che sa combinare la potenza dello speed/thrash con la maturità compositiva dei veterani. Chi conosce la band può andare sul sicuro, chi invece la dovesse scoprire soltanto oggi potrebbe essere invogliato a colmare la lacuna.
Tracklist:
01. The Parallel Otherworld
02. Arcturus 9
03. The Eternal Call
04. Ghost World
05. 1000 Winters Old
06. Spirit Sanctuary
07. Order of the White Light
08. Astral Flight
09. Shadowanderer
10. The Oath