Recensione: The Parasite Syndicate
Fra le poche cose che non si possono discutere c’è l’innata bravura, corroborata da una lunga tradizione in materia, delle band inglesi quando si cimentano nel melodic metalcore. Difficile imbattersi in qualche flop. Anzi, il mercato è talmente vivace che una formazione di un buon calibro come quella dei The Parasite Syndicate è costretta ad autoprodursi per pubblicare il proprio debut-album, omonimo, seppur supportato dall’attività promozionale della BJF PR.
I The Parasite Syndicate, però, non è che siano così melodici, anzi, la loro caratteristica peculiare è il possesso di un alto livello di energia da trasfondere in musica. Quasi a somigliare, più che ai colleghi connazionali, ai più arcigni compagni d’oltreoceano. In certi casi (‘All That We Have’), sfiorando ma anche toccando l’US power metal, quest’ultimo ancora in forma malgrado siano passati trentacinque anni dalla sua venuta al mondo.
Come se non bastasse, i The Parasite Syndicate si dilettano a proporre catene di stop’n’go ammantati di sonorità armonicamente indirizzanti verso una certa visionarietà (‘Red Sky’). Alternando con buon tempismo sezioni cantante in clean ad altrettante inasprite dalle harsh vocals. Con un risultato per nulla fastidioso, poiché calibrato su un equilibrio più che accettabile.
E, ancora, mood drammatico e profondo, quando il combo di Nottingham percepisce l’attimo fuggente in cui farlo emergere dalle loro corde emotive (‘Origin’). Magari interrompendolo bruscamente con una sana dose di scudisciate sulla schiena, metaforicamente parlando, fiondate dalla forza demolitrice di ‘Ghost’, fast-song che non ammette discussioni in ordine alla sua indubbia capacità distruttiva.
La voglia di spaziare a 360° tenendo ben fisso il punto di rotazione del cerchio è sicuramente indice di una volontà precisa di voler sperimentare qualcosa d’inusuale, all’interno del metalcore. Il rischio di frammentazione, di sfilacciamento della struttura delle canzoni è nondimeno elevato, quando si procede in tale modo, ma i The Parasite Syndicate paiono essere tranquillamente in grado di addensare uno stile sì caleidoscopico, pur tuttavia indicativo di un sound personale e riconoscibile.
Per proiettare “The Parasite Syndicate” oltre la media, occorrerebbe, però, una maggiore fantasia nell’elaborare brani che non siano fondamentalmente solo energia, energia ed energia. Il songwriting, seppur corretto e lineare, privo di indecisioni, manca difatti del quid necessario a gettare il full-length stesso in alto, nel cielo, bene visibile a tutti.
Un’opera troppo quadrata e pesante, che per sua natura si autolimita l’ingresso in territori più consoni a un giovane ensemble che intende farsi notare sin dal primo lavoro.
Rimandati.
Daniele “dani66” D’Adamo