Recensione: The Party Ain’t Over ‘Til We Say So (Best Of)
“Best Of”, “Greatest Hits”, “Raccolte”, chiamateli come vi pare, ma la sostanza è sempre la stessa: quando una band assurge ad un certo livello di popolarità, è inevitabile che prima o poi dia alle stampe un album (talvolta anche doppio o triplo e magari in puntate dilazionate negli anni, come fecero i Queen, o addirittura a tema, come le “Ballads” di Axel Rudi Pell) il quale, almeno a parole, dovrebbe rappresentare “il meglio” di quanto prodotto dal suddetto gruppo in anni e anni di onorata carriera, estrapolando le tappe più significative di un percorso ancora in fieri.
Chi vi scrive non è mai stato un fan sfegatato di questo genere di uscite, preferendo al “Best Of” un intero album particolarmente quotato o indicativo del sound del tale gruppo in un determinato periodo; tuttavia a prescindere dai gusti personali, uscite di questo tipo costituiscono esempio tangibile di un’usanza che sembra non tramontare mai.
Le motivazioni che stanno dietro a questo genere di release sono probabilmente le seguenti: da un lato un intento di celebrazione per il raggiungimento di traguardi di rilievo in termini di popolarità e vendite, e dall’altro la volontà di tenere battuto il ferro finché è caldo, alimentando la fame dei fan e dei collezionisti con dischi che tamponano un po’ il vuoto tra un album e l’altro. Infine dare la possibilità a chi non conosce il tale gruppo di avere una retrospettiva più o meno fedele di quella che è la loro proposta, senza per forza dover essere in possesso dell’intera discografia. In questo senso la tracklist di “The Party Ain’t Over ‘Til We Say So” pesca in maniera piuttosto omogenea lungo l’opera omnia degli swedish glamsters, privilegiando leggermente, e non a torto, “Dreamin In A Casket” e l’ultimo nato “Split Your Lip”, forse i meglio riusciti.
Tralasciando l’inedita “We Don’t Need A Cure”, composizione piuttosto atipica per gli svedesi e, invero, priva di particolari motivi di interesse, siano essi riscontrabili nella melodie o nella fase solistica o negli arrangiamenti, passiamo direttamente a “We Don’t Celebrate Sundays”, e il divario di qualità è netto in favore di questo assalto all’arma bianca, dall’incedere molto punky e trascinantemente alcoolico. “Moonshine”, come molte altre composizioni degli HS ha un che dei Guns che furono, grazie alla forte impronta glam decadente derivata dall’ugola di fango di Jocke Berg, in grado di dare una forte caratterizzazione a tutte le canzoni, e in particolare ai lenti (vedasi “Standing On The Verge”), che acquistano un andamento a tratti ciondolante, ebbro e vagamente malinconico, che toglie loro un po’ di zucchero in eccesso.
“My Good Reputation”, tratta dall’omonimo del 2005 fa molto Tigertailz grazie alle melodie allegre tipicamente glam metal ed è arricchita da chitarre ad ogni modo molto potenti; nulla ad ogni modo di lontanamente paragonabile in quanto ad energia e complessiva riuscita rispetto alla successiva “Wild Boys”, grande street/punk sulla scia della precedente “We Don’t Celebrate Sundays”.
“Someone Special” è il primo vero lento, proveniente dall’esordio “It’s Only Rock n’ Roll”, di fatto una ballata glam irruvidita dalla voce al vetriolo di Jocke Berg, e caratterizzata da un refrain a due voci un pò in stile Oasis.
Molto bella anche “Dreamin’ in a Casket”, ancora un po’ Guns n Roses ma con un cantato ancora più maligno, almeno nelle strofe, di quello dell’Axl rose dei tempi e suoni saturi e potenti, mentre “Into Debauchery”, da “Beg For It” del 2009, ha un andamento di nuovo molto punkeggiante e un ritornello ciondolante e casinaro.
Il seguente duo viene estratto di peso dall’ultimo nato “Split Your Lip”: “Here Comes That Sick Bitch” è un acustica tutta sbilenca eppure molto piacevole che rimanda ai DAD, per l’atmosfera mesta e al tempo stesso beffarda, cui fa da contraltare l’irruenza senza compromessi della scintillante “Last Call For Alcohol”, una grande instant classic degli svedesi.
“Beg For It” ha un tema di stampo quasi helloweeniano (“I Want Out”?), ma il cantato ringhioso e l’aggressività di chitarre e batteria non lasciamo campo aperto ad equivoci di sorta, sulla natura rock n’ roll del pezzo.“Liberation” torna alle origini del suono degli HS, quando suonavano un glam rock vitaminizzato abbastanza distante dall’attuale street/sleaze metal, mentre la fortunata “Bastards”, uscita esclusivamante come singolo nel 2007, e l’ancor più riuscita a trascinante “Medicate Me” virano in zona Mötley Crüe, ma con sonorità fortemente moderne.
“Still I’m Glad”, “Have You Been Around” e la classica “Shame”, sono di nuovo più rock che metal, appartenenti al periodo in cui Berg, Silver (primo chitarrista, poi sostituito dall’ex Crazy Lixx Vic Zino) e compagnia somigliavano più a degli Hanoi Rocks debitamente attualizzati, che non a degli street metaller.
Il sound di “Honey Tongue” ricorda molto da vicino le atmosfere care ai britannici Dogs D’Amour (sentire “Hurricane”, da “Errol Flynn”, per credere), tuttavia senza quel surplus di spleen tipico delle canzoni di Tyla & Co., mentre chiude l’immancabile ballata per voce e pianoforte, “Run To Your Mama”, dalle melodie ben congegnate e resa fortemente personale dall’interpretazione sentita di Jocke Berg.
Se non conoscete gli HS e volete farvi un idea di come suonano e di quale è stato il loro percorso, “The Party Ain’t Over ‘Til We Say So” pur magari non riuscendo ad accontentare proprio tutti (ma quando si operano delle scelte, qualcosa deve rimanere fuori, con buona pace dei fan) offre una buona retrospettiva sull’opera dei glamsters di Göteborg. Viceversa per i non collezionisti, già in possesso di buona parte o dell’intera discografia, sicuramente l’acquisto ha un utilità, come potrete immaginare, molto relativa.
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Line Up:
Jocke Berg – Voce
Silver Silver – Chitarra
Vic Zino – Chitarra
Martin Sandvick – Basso
Magnus Andersson – Batteria
Mika Vainio – Batteria
Tracklist:
01. We Don’t Need A Cure (Inedita)
02. We Don’t Celebrate Sundays (Hardcore Superstar)
03. Moonshine (Split Your Lip)
04. My Good Reputation (Hardcore Superstar)
05. Wild Boys (Hardcore Superstar)
06. Someone Special (It’s Only Rock ‘n’ Roll)
07. Dreamin’ In a Casket (Dreamin’ In a Casket)
08. Into Debauchery (Beg For Ii)
09. Here Comes That Sick Bitch (Split Your Lip)
10. Last Call For Alcohol (Split Your Lip)
11. Beg For It (Beg For It)
12. Liberation (Bad Sneakers And Piña Colada)
13. Bastards (Singolo)
14. Medicate Me (Dreamin’ In a Casket)
15. Standing On The Verge (Hardcore Superstar)
16. Still I’m Glad (No Regrets)
17. Have You Been Around (Bad Sneakers And Piña Colada)
18. Shame (Thank You (For Letting Us Be Ourselves))
19. Honey Tongue (No Regrets)
20. Run To Your Mama (Split Your Lip)