Recensione: The Phantom Fear
Secondo album per i Tasteful Turmoil, Thrash Metal band finnica nata nel 2015 e dalle idee molto chiare.
Un album che ha come tema la paura dei fantasmi, intesa non solo come il timore dei morti ma anche come l’angoscia che ci assale quando percepiamo qualcuno o qualcosa intorno a noi senza vederlo: ci sentiamo sfiorati, osservati fin dentro l’anima ma non riusciamo a capire ed il terrore allora ci assale, perché non c’è niente di peggio che non sapere i pericoli che nasconde l’ignoto.
Ed in effetti è questa la sensazione che dà l’album: come se un’infausta presenza uscisse dai solchi e cominciasse ad aleggiarti intorno, utilizzando come veicolo di transizione il sound aggressivo, pesante e maligno dei musicisti e la voce del cantante, molto particolare, ma soprattutto adatta per interpretazione e profondità; non possiamo dire che sia bella, soprattutto se paragonata a quella di un Joey Belladonna o di un Bobby ‘Blitz’ Ellsworth, ma è incisiva, abrasiva e demoniaca. Non si riesce ad immaginare una voce diversa per un album come questo.
Per il resto la ricetta è abbastanza semplice ma efficace: otto canzoni più intro dalla struttura semplice e lineare, con pochi cambi di tempo al loro interno ma variabili tra loro, in modo che possano rimanere in testa e destare curiosità.
Un Thrash genuino che non si perde in divagazioni, con il quale i Tasteful Turmoil, più che dire qualcosa di nuovo, provano ad evolvere, proseguendone la storia.
Musicisti di qualità danno però precedenza alle emozioni più che alla tecnica, come dimostra la chitarra solista, che sforna assoli di pregevole fattura, lunghi, impetuosi ed emozionanti: senza esagerazioni o voglia di strafare, sono un prolungamento del cantato che aggiungono valore all’opera e non un qualcosa a se che sa di mero esercizio.
La sezione ritmica è tagliente quanto pesante e segue il cantato con precisa sincronia, passando da riff potenti a linee melodiche scure ed avvolgenti.
Si ascolta parecchio in ‘The Phantom Fear’: l’intro ‘Prophecies’ ci prepara infondendoci la giusta apprensione, poi parte il primo brano vero e proprio: ‘(March) Into the Flames’ è un attacco aggressivo e veloce, con un interludio pesante e pestato, ‘Man, the Machine’ ha le strofe dense di un Hardcore sfacciato che diventano feroci nel refrain. La seguente ‘Gears of Greeed’ cambia passo, dimostrando la versatilità compositiva del quartetto: è pesantemente cadenzata e nera quanto selvaggia.
La Title-track, ‘The Phantom Fear’, è un tempo medio durissimo e claustrofobico. L’interludio è pesante ma porta il brano ad accelerare violentemente. Le linee melodiche sono sinistre ed il sound esprime in pieno il concetto del titolo.
Poi la marcia cambia di nuovo: ‘Noxious Offender’ è praticamente un Thrash ‘N’ Roll, veloce ed anthemico; un brano da portare sui palchi.
‘On Through the Dark Days’ unisce bene la cadenza alla velocità, avvicinandosi ai classici del Thrash al contrario di ‘Push’ che è più moderna.
Chiude ‘Morior Invictus’, con strofe cadenzate che esprimono rassegnazione ma anche ira, mentre il refrain è potente. Una sezione acustica nostalgica anticipa un’accelerazione che diventa furia, con linee melodiche ed una ritmica trascinanti allo spasimo. Un pezzo particolare, suonato con grande maestria.
C’è poco altro da dire: album che tiene incollati dall’inizio alla fine è una ventata di aria maligna che riempie positivamente i polmoni. Avanti così Tasteful Turmoil, la paura fa novanta, il nostro giudizio ancora no ma i presupposti per arrivarci in futuro ci sono.