Recensione: The Power of…
Di death metal, in generale, in “The Power of…”, debut-album dei tedeschi Precipitation, ce n’è davvero poco.
Se inoltre si esclude il growling di Alex, peraltro nemmeno protagonista, all’interno del disco, allora è chiaro: trattasi di modern metal. Di qualcosa, cioè, che, pur essendo partito dai territori periferici del metallo, e in particolare dal gothenburg metal, ha trovato assestamento in un abito a essi limitrofo. Più centrale, spostato verso il metalcore, semmai.
Comunque, definizioni e classificazioni a parte, il sound del quartetto di Babenhausen è pimpante, cristallino, raffinato. Ma, anche, potente, robusto, a volte rabbioso. Spesso ruvido. Soprattutto, con una spiccata inclinazione alla fusione con altri generi, estranei al rock come per esempio il jazz o il pop. Certamente sono solo accenni, accenti, segmenti limitati sia nello spazio, sia nel tempo. Che tuttavia aiutano i Nostri a costruirsi uno spazio tutto proprio. Tant’è che non è facile trovare dei riferimenti in altre formazioni che somiglino ai loro connotati sonori.
Il che ovviamente non può che essere interpretato positivamente: in fondo, ciò che ci sia aspetta da una band – in primis – è che sia ricca di personalità, che sia in grado di sostenere con costanza, cioè, un sound che la identifichi immediatamente in mezzo a molti altri. Obiettivo che, senz’altro, è stato raggiunto. “The Power of…” può essere assunto come riferimento per ciò che si può definire, stavolta sì, la nomenclatura diviene importante, fusion metal.
A mò di esempio si può estrarre dal cilindro ‘Alone’, assolutamente particolare nella propria struttura musicale. Ove, è bene ribadirlo, il metal c’è e si sente. Accostato, però, a generi spuri, a suoni molto lontani. Allo scrivente vengono in mente gli Steely Dan di Donald Fagen (sic!), ma trattasi di sensazione puramente personale e quindi facilmente criticabile. Ciò che al contrario è sicuro, è che i Precipitation azzeccano uno stile il quale, se adeguatamente sviluppato, potrebbe diventare un’estensione importante del metal.
Un’evoluzione improvvisa e stabile.
Il problema, per loro, è che “The Power of…” è ancora assai fumoso, nel senso che tutto quanto sopra citato appare ancora essere allo stato embrionale. Sfocato. Acerbo. Immaturo.
Soprattutto il songwriting, nota dolente del platter, giacché fiacco e poco coinvolgente. A parte la discreta ‘Dazzled’ per le morbide melodie che la sostengono, si fa davvero fatica a memorizzare qualche passaggio notevole, qualche tratto elettrizzante, qualche intarsio dorato. Le canzoni appaiono spente, senza quel soffio vitale che le renda vive, pulsanti, interessati.
Insomma, dopo nemmeno troppo arriva la nemica numero uno di chi si cimenta nell’arte musicale: la noia.
Sarebbe in ogni caso un peccato gettare nel dimenticatoio The Power of…” e i Precipitation: l’idea primigenia non è male. Va solo sviluppata adeguatamente. E di Opera Prima si tratta, per cui…
Daniele D’Adamo