Recensione: The Price Of Existence
Un anno dopo Hate. Malice. Revenge.” gli All Shall Perish tornano sulle scene con un disco che sembra proprio imprimere una virata allo stile della band, calcando lidi un po’ meno estremi. In questo
The Price of Existence i nostri infatti ripropongono una formula già collaudata, ossia un brutal interpretato in maniera molto moderna, con più di una canzone che richiama sonorità care ad un certo tipo di scena thrash/death attuale (Caliban, Chimaera, Devildriver…), ma contaminata ulteriormente, creando in questo modo una formula inconsueta che alterna parti quasi grind a momenti riflessivi e melodici. Come descrizione potrebbe risultare confusa, tuttavia, come vedremo in questa recensione, gli ASP riescono benissimo nel loro intento e ci riescono senza risultare banali o svenduti.
Le prime due canzoni del disco, paradossalmente, sono anche le più deboli in quanto riprendono il lavoro compiuto nel precedente album e lo ripropongono quasi
invariato, risultando quindi un po’ ridondanti e comunque poco azzeccate all’interno di un disco forse non rivoluzionario, ma che apre molte porte di cui prima si ignorava l’esistenza.
Eradication in particolare non sembra essere efficace come opener in quanto, con i suoi stacchi ed i suoi cambi di tempo, fallisce nell’intento di catturare immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore, cosa che dovrebbe essere l’obbiettivo della prima traccia di ogni album. A beneficio del lettore tuttavia sottolineo che i difetti di questo platter si concludono qui: a partire dalla terza traccia infatti i nostri sfoderano la loro nuova linea creativa risultando devastanti ed estremamente ascoltabili allo stesso tempo. L’alchimia, in un certo senso, è molto semplice: ad una batteria che alterna ritmi prettamente grind a tempi molto meno invadenti si somma la coppia di chitarre la quale, oltre a creare riff di sicuro impatto (ascoltate ad esempio quello iniziale di
There is no business to be done on a dead planet) si erige al di sopra di un mare (la scena -core) infestato da tantissimi axe-men preparati e veloci, dimostrando una tecnica davvero superlativa. A guidare la formazione ed a stupire tutti quanti è però il cantante Eddie, il quale sputa nel microfono una prestazione sopra le righe e molto oltre la media, facendo della versatilità la propria arma vincente: egli passa senza soluzione di continuità da un growl gutturale in pieno stile brutal ad urla su frequenze irraggiungibili ai più, passando per uno scream molto ben riuscito che, nonostante tutto, sostiene la maggior parte del cantato di questo disco.
L’elemento più interessante all’interno delle canzoni di The Price of Existence
rimane comunque, a parere di chi scrive, l’inversione di compiti tra voce e chitarre. Mentre infatti in molta dell’attuale scena death e core (All
That Remains, Killswitch Engage, In Flames, Soilwork…) il compito di effettuare le aperture melodiche spetta al vocalist, mentre agli strumenti è affidato il lavoro per così dire “sporco”, gli
All Shall Perish fanno esattamente l’inverso: per quasi tutto il disco il cantato rimane di attitudine totalmente estrema, mentre sono proprio le chitarre che, lavorando modalmente e limitando le modulazioni, rendono le canzoni “fuckin catcy” come direbbero gli inglesi; ascoltatevi
Day of Justice per capire di che sto parlando. Aggiungete a tutto ciò il fatto che il gruppo sfrutta appieno tutti i suoi componenti e saprete perché questo disco risulta essere longevo e sempre ricco di nuovi spunti: al basso sono concessi due momenti solisti, mentre le chitarre non disdegnano di levarsi la distorsione per sostituire la malinconia alla violenza; superlativa diventa dunque l’idea di base di
Interlude, pezzo godibilissimo che permette a chi ascolta di rifiatare. L’album si conclude con
The Last Relapse, nella quale Eddie sfodera addirittura la parte melodica della sua voce e che costituisce un’altra graditissima sopresa in un album fuori dagli schemi.
Concludendo: The Price of Existence è un album assolutamente vario e con un paio di scelte di arrangiamento che fanno si che esca prepotentemente dal marasma attuale di pubblicazioni per porsi in una posizione di primo piano. I suoi, autori, gli
All Shall Perish, dimostrano con esso di essere maturati e di aver sviluppato uno stile originale del quale è difficile ricavare le influenze. L’unico difetto di carattere generale che si possa ritrovare in questo lavoro è quindi dovuto proprio alla formula compositiva scelta: essa infatti è varia e longeva, tuttavia paga in fruibilità immediata, risultando forse un po’ ostica per coloro che desiderano un ascolto meno impegnativo. Se però non fate parte di questa categoria di persone e vi piace il death estremo correte immediatamente nei negozi, non rimarrete delusi.
Davide “Ellànimbor” Iori.
Tracklist:
1- Eradication
2- Wage Slaves
3- Day of Justice
4- There is no business to be done on a dead planet
5- Better living through catastrophe
6- Prisoner of war
7- Interlude
8- We hold these truths
9- The true beast
10- Promises
11- The Last Relapse.