Recensione: The Promise of Hell

Di Alessandro Calvi - 15 Maggio 2012 - 0:00
The Promise of Hell
Band: Soulfallen
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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68

Terzo album per i Soulfallen e terzo (e ultimo, sembrerebbe) capitolo di una trilogia di concept album che gravitano attorno a una complessa storia scritta dal cantante Kai Leikola. Disco che, da un punto di vista prettamente stilistico, non si discosta molto dai suoi predecessori, andando così a risultare una conferma per gli amanti del gruppo.

Se per i fan della band si tratta di un ritorno gradito e atteso, per coloro che non conoscono i Soulfallen può essere una “prima volta” valida tanto quanto i due precedenti CD, anche se il consiglio è quello di partire dal primo. La vicenda narrata da questo concept album (e dai suoi predecessori) è, infatti, piuttosto complessa e articolata e la musica dei finlandesi è quanto di più adatta vi sia per raccontarla.
Il sound proposto è un ibrido che parte dal gothic mutuandolo, però, anche con passaggi black/death, sinfonici e doom. Il songwriting, insomma, è pienamente al servizio del concept (cosa che, duole dirlo, non sempre accade) riuscendo a sottolinearne i passaggi con cambi di stile, di tempo, anche di cantato, che varia dal growl, allo scream, al clean, fino al narrato, al sussurrato e all’uso della voce femminile. La vicenda, come si diceva, è piuttosto complessa e forse risulterebbe anche svilita se esplicitata in poche parole, ma riguarda in particolare la fine del mondo. Una fine del mondo che, oltre a essere ampiamente descritta anche nei CD precedenti, è anche l’inizio di tutt’altro.
Più che giustificato, quindi, l’uso massiccio delle partiture orchestrali, capaci di dare maestosità e afflato epico ai pezzi. Così come i cambi di ritmo e di genere musicale che, a seconda di ciò che devono illustrare, passano da vere e proprie aggressioni sonore in stile black/death (come “Cold Beneath the Sun”, uno dei pezzi forse meglio riusciti), a momenti dall’incedere più lento, gravoso, dal sapore doom, fino a vere e proprie aperture melodiche, eteree, sottolineate dalla voce femminile.
L’ascolto di “The Promise of Hell”, quindi, non si rivela per nulla facile e immediato. Al contrario questa struttura così variegata necessita di molta attenzione per tutti i 50 e passa minuti del disco. Attenzione che, proprio perchè mantenuta costante per tutto il tempo, rischia di portare molti ascoltatori a una certa stanchezza verso la fine. Non tutto, infatti, si rivela originale e molti frangenti strizzano l’occhio a quanto già fatto sentire da svariati altri gruppi (su tutti gli Swallow the Sun). Questo mix di complessità e di non totale originalità, quindi, dà origine a un risultato abbastanza imprevedibile che varia da un ascoltatore all’altro. Vi sarà, infatti, chi apprezzerà l’affresco complessivo, la capacità dei Soulfallen di giocare con i generi e le influenze per descrivere un concept sicuramente interessante e ben caratterizzato dai vari passaggi musicali. Ma vi sarà anche chi, al contrario, potrebbe bollare il tutto come un gran puzzle di roba diversa messa insieme in maniera forse fin troppo complicata per essere pienamente apprezzata. Giudizio rispettabile, ma probabilmente figlio di ascolti un po’ superficiali.
Al di là dell’apprezzamento del disco in sé o dell’originalità o meno del sound dei Soulfallen, infatti, rimangono le capacità compositive di questi musicisti, capaci di sfornare un album indubbiamente articolato e pieno di influenze e stili diversi. Così come di riuscire a confezionare un concept album (ma il discorso andrebbe ampliato anche ai precedenti due) pienamente convincente nel suo unire testi, situazioni e musica, cosa di certo non facile.

Per concludere il terzo album dei Soulfallen conferma tutti i pregi e i limiti del gruppo finlandese. La grande capacità di passare da un genere all’altro per delineare la perfetta colonna sonora per il concept che ha contraddistinto queste loro prime tre uscite è immutata. Così come rimane immutata la scelta di prediligere scolte compositive non del tutto originali e spesso mutuate da altri gruppi più blasonati. Una uscita, quindi, che farà sicuramente la felicità dei fan, ma che, nonostante i limiti enunciati, sarebbe da consigliare un po’ a tutti, perchè è raro veder sviluppare così bene un concept album.

Tracklist:
01 The Born of Newfound Death
02 Questions and Answers
03 Ghosts
04 Scars Aligned
05 The Silence of the Storm
06 Cold Beneath the Sun
07 Dead and Dying
08 Bring Me My Demons
09 At the Heart of Dying

Alex “Engash-Krul” Calvi

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