Recensione: The Purge [EP]
Nati nel 2012 per mano dei due loschi figuri Sacrificulus e T.666, i tedeschi Encrypted, dopo due demo (“MMXIII”, 2013; “Promo Song 2016”, 2016), giungono alla prima realizzazione ufficiale, l’EP “The Purge”.
La loro intenzione dichiarata è quella di suonare death metal come mamma l’ha fatto. Un intento senz’altro encomiabile, derivante da un passaggio iniziale per il black metal che, successivamente, ha lasciato spazio soltanto al metallo della morte. Che, bisogna ammettere, è eseguito con piglio per nulla approssimativo, dai Nostri.
Anzi, lo scavo in profondità per trovare ossa, teschi e altri avanzi umani è stato eseguito con cura e dovizia di particolari. Ovvio, non ci si può aspettare alcunché, in termini d’innovazione, da “The Purge” che, però, centra l’obiettivo primigenio. Quello, cioè, di proporre un sound puro nel grondare liquidi derivanti da decomposizioni, putridumi, sfasciumi. Sarebbe anzi logico parlare di old school, se non fosse che, istintivamente anzi assurdamente – verrebbe da dire – , si percepisce che gli Encrypted siano ben piantati negli anni in corso. Non è una sensazione facilmente descrivibile a parole, questa, poiché deriva dall’invisibile sensibilità che ciascun essere umano ha nei confronti dell’altrettanto invisibile forma d’arte che si sta analizzando.
Piuttosto, invece che al black il richiamo vero è al doom. Quello più lento, marcio, puzzolente. Riff che su trascinano con un moto simile a quello – immaginario – delle orride creature lovecraftiane. Lentissimamente, ma risolutamente. Per poi accelerare violentemente sino a oltrepassare la soglia dei blast-beats (‘Doomed’). Anche se non proprio originali, si fanno apprezzare anche gli orrorifici incipit ambient come quello che apre ‘Era of Nothingness’, lamentoso viaggio nel nulla ove il nocchiero, Sacrificulus, con il suo roco, rabbioso, soffuso growling, conduce la band negli angoli più bui dell’Ade. Anfratti in cui trova pace il tormentato mood del dischetto, inamovibile da una depressione bestiale, foriera di tristezza assoluta. In questo caso sì, fattispecie rinvenibile solo nel depressive suicidal black metal.
Le furibonde sfuriate del drumming di T.666 tolgono ogni tanto la polvere di dosso ma si tratta sempre e comunque di correre in una caverna priva di luce, aria, acqua (‘Order of Purity’). La forza del death metal di “The Purge” è senz’altro non indifferente, lascia dei segni. Nulla di straordinario ma, nemmeno, tutto da buttare. Gli Encrypted, con semplicità e linearità, senza scomodare niente e nessuno, il loro compito alla fine l’hanno svolto con efficacia, nella scelta di una via di mezzo fra, appunto, il tutto e il nulla.
Daniele “dani66” D’Adamo