Recensione: The Quantum Theory of Id
Genere mutevole e in continua evoluzione per antonomasia, l’avantgarde metal è una delle scene più ricche di nuove band all’intero del panorama musicale.
Nato negli anni ’90 grazie all’estro creativo di Arcturus, In The Woods…,Ved Buens Ende, Fleurety e Dødheimsgard, l’avantgarde affonda le sue radici nel black metal scandinavo, nel rock sperimentale, nella musica classica e in quella elettronica.
Proprio a causa del suo carattere fortemente innovatore, sono state molte le band che hanno miseramente fallito, dando vita ad esperimenti poco riusciti e appaganti. Allo stesso modo, però, non sono stati pochi gli autori di ottimi dischi che, in qualche caso, sono addirittura entrati nella storia.
Tra le opere meglio riuscite di quest’ultimo biennio, merita una menzione d’onore “The Quantum Theory of Id”, opera prima dei lituani Inquisitor.
Il quintetto di Vilnius ci propone un black metal ferale dalle forti tinte avanguardiste. Prendendo come punti di riferimento i mai troppo lodati Emperor, ma anche Ihshan e i Dødheimsgard, i nostri danno vita a un metal estremo molto originale ed elaborato, ma non per questo poco fruibile. Il riffing, sebbene sia abbastanza standard, risulta decisamente articolato; il lavoro di chitarra è serrato e conferisce solidità ai pezzi, innalzando un muro sonoro di grande impatto. Nel corso dei 42 minuti di musica non mancano neanche gli assoli, sempre dosati, dai quali fuoriesce tutto il gusto melodico di Andrius. La sezione ritmica formata dal duo GarLoq/Pastor, rispettivamente batteria e basso, è brillante, estremamente varia e non manca di stupire. I continui cambi di tempo, le parti sincopate e gli improvvisi rallentamenti contribuiscono a dare movimento ai brani, che ne guadagnano in longevità.
Le strutture sono intricate e molto lavorate, ricche di orpelli, ciononostante il feeling è particolarmente freddo e distaccato. Le atmosfere, come di consueto, sono definite dalle note di tastiera. L’utilizzo sapiente delle keyboard conferisce eleganza all’opera, rendendola appetibile anche a chi non è particolarmente avvezzo a sonorità estreme.
Ad accompagnare l’ascoltatore lungo tutte le canzoni ci pensa la voce acida e abrasiva di Lord, capace di sfoderare uno scream potente e velenoso, che mi ha riportato alla mente quello del ben più celebre Ihsahn.
Fin dai primi ascolti ci si accorge della bontà del songwriting: gli arrangiamenti sono curati maniacalmente e non sono banali o confusionari; i ragazzi dimostrano una sicurezza tipica di musicisti navigati nell’affrontare anche le parti più arzigogolate e difficili.
Analizzando le quattro canzoni (“Infimum”, il primo brano, è niente più che un’introduzione recitata), si possono apprezzare la freschezza della proposta e anche l’estrema perizia tecnica dei nostri.
“Pricipia Mathematica Philosophiae Naturalis” preme da subito il piede sul pedale dell’acceleratore, concentrando nei suoi dieci minuti abbondanti tutte le caratteristiche tipiche della musica degli Inquisitor. L’aria che si respira è gelida, lo scenario apocalittico. Nella canzone, in cui emergono numerosi elementi post-black metal, si notano chiaramente similitudini con lavori quali il bellissimo “Axiom” dei norvegesi Ansur; non mancano altresì richiami ad “angL” di Ihsahn. Le lunghe sezioni strumentali si raccordano benissimo al resto della traccia, arricchendola notevolmente e rendendola ancor più impenetrabile e oscura; il drumming impetuoso, infine, dona al pezzo la giusta dose di cattiveria.
In “Die Welt als Wille und Vorstellung” emergono forti influenze derivanti dall’operato degli Arcturus. In particolare il brano riporta alla mente quanto fatto dai norvegesi nel capolavoro “The Sham Mirrors”, citando le atmosfere delle splendide “Ad Absurdum” e “Radical Cut”. Il risultato finale rimane comunque piuttosto personale e soprattutto gustoso, senza scadere nel mero plagio.
“Corpus Hermeticum”, a differenza delle altre invece, presenta numerosi di spunti melodici, risultando così l’episodio più facilmente assimilabile dell’intero lotto.
Data la natura della musica qui proposta, non aspettatevi, come già ampiamente detto, di trovare atmosfere avvolgenti e calde. Gli Inquisitor cercano di essere il più distaccati possibile, riuscendoci alla grande. Le loro intenzioni sono dichiarate già dalla copertina (realizzata per altro eccellentemente, così come il libretto, corredato di testi e disegni) dalle tematiche meccaniche e dalle tonalità cromatiche fredde del bianco e del verde.
Di pari passo vanno le liriche del full-length, tutte riguardanti la conoscenza approfondita del mondo che ci circonda, confronti tra scienza e religione (quest’ultima vista come vacua speranza e consolazione) e la realtà empirica.
Siamo dunque giunti alla fine di questo lungo viaggio musicale firmato dal combo lituano. Cos’altro possiamo aggiungere? Non molto a dirla tutta, gli Inquisitor con questa prima uscita fanno intravedere un potenziale notevole, buone doti in fase di arrangiamento e ottime capacità esecutive. Certo manca un pochino di coraggio nel calpestare il suolo della sperimentazione vera, quella che crea qualcosa di totalmente nuovo, però non ci si può proprio lamentare di nulla. Il disco è innegabilmente ben riuscito e decisamente gradevole, perciò recuperatelo e poi ascoltatelo, state tranquilli, non ve ne pentirete.
Emanuele Calderone
Tracklist:
01- Infimum
02- Pricipia Mathematica Philosophiae Naturalis
03- Die Welt als Wille und Vorstellung
04- Corpus Hermeticum
05- The End of Certainty; Supremum
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