Recensione: The Raging Fire
Giungono al secondo album i Seventh Key, e lo fanno nel modo migliore con un disco che ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo classico del genere. Non conosco la loro prima release per poter azzardare dei paragoni, ma con questo lavoro il gruppo Americano, capitanato dal duo Billy Greer (Kansas) e Mike Slamer (Streets e Steelhouse Lane), sforna un album che trasuda anni ottanta da ogni traccia ed il sottoscritto non può che gioire dinnanzi a cotanta e sopraffina arte sonora. L’hard-rock dai toni pomposi del gruppo si colora d’arrangiamenti cristallini e cori che conquistano senza mai tediare e risultare ruffiani, ma aumentando l’interesse verso il disco ascolto dopo ascolto. E’ soprattutto il bassista dei Kansas che convince nel ruolo di singer, alla luce di una prestazione decisa e convincente sotto ogni punto di vista che, per conto mio, si rivela la marcia in più del lavoro.Come non lasciarsi conquistare dalla song iniziale The Sun Will Rise, un hard-rock di quelli belli tosti, sorretta da un guitar-work eccezionale, con dei cori a sostegno di un ritornello, che non può non affascinare l’ascoltatore. Always From The Heart è notevolmente ammaliante con quel suo inizio melodico che poi si sviluppa in un ritmo trascinante: di sicuro rilievo è il lavoro di chitarra del micidiale Slamer con un assolo notevolmente sopra le righe. La song seguente, You Cross The Line mi richiama alla mente gli Asia, soprattutto per l’intro atmosferico e melodico. All’altezza del ritornello il brano si anima e parte alla grande: sopra le righe è la prova vocale del buon Billy Greer; brano decisamente vario per via dei diversi cambi di tempo ed atmosfera, con un finale tutto in crescendo dove si ha modo nuovamente di apprezzare le doti alla sei corde di Slamer che sfodera una prova degna solo dei grandi. Più cadenzato è An Ocean Away che scorre via abbastanza tranquillo, essendo il brano forse più debole dell’intero lavoro. Mentre assolutamente da sballo è The Raging Fire un brano che a momenti melodici contrappone sfuriate elettriche di notevole livello: ascoltatevi la parte strumentale dove Slamer fa i numeri. Potrei fermarmi qui, perché non vorrei passare per patetico nel tessere le lodi di questo disco poiché era da parecchio che non mi gasavo per un lavoro di questo genere, ma proseguiamo con Sin City, una trascinante song che prelude all’enfatica e pomposa ballad It Should Have Been You che mi fa letteralmente sbrodolare per via di una porzione strumentale da sballo: brano stupendo. Un bel chitarrone apre Run, pezzo che fa riecheggiare i Def Leppard di Pour Some Sugar On Me mentre la seguente Pyramid Princess è una song cadenzata e dai contorni orientaleggianti; elementi che donano al brano un sapore epico alla luce di un refrain che arriva direttamente dai magici ottanta, e sicuramente dal vivo si apprezzerebbe molto di più.Chiude il lavoro Winds Of War, un pezzo cadenzato e bello potente, che ad un inizio quasi in stile blues contrappone uno sviluppo ritmico di notevole effetto.
Cosa si può aggiungere ancora, sennonché le dieci canzoni del disco vengono valorizzate da una produzione limpida e potente e molto competitiva con qualsiasi altro lavoro uscito su major.
Grandissimo lavoro da parte di questi due vecchietti ancora in grado di competere con act più giovani, disco che mi ripaga in parte della parziale delusione avuta dal come back discografico degli House Of Lords, gruppo verso cui nutro un’autentica devozione.
The Sun Will Sun Rise
Always From The Heart
You Cross The Line
An Ocean Away
The Raging Fire
Sin City
It Should Have Been You
Run
Pyramid Princess
Winds Of War