Recensione: The Reckoning
I Fragore nascono in Piemonte nel lontano 2001 ma è solo ora che, a seguito di una lunga pausa di riflessione durata sino al 2007, riescono a dare alle stampe il debut-album, “The Reckoning”.
Un lavoro che comunque segue due demo (“The Dark Side of Ambition”, 2009; “The Keeper”, 2011) e un EP “Armored” (2012), senz’altro propedeutici alla buona riuscita di quest’Opera Prima; plasmata dalle mani di Ettori Rigotti (missaggio e masterizzazione) presso i nostrani The Metal House Studio (Disarmonia Mundi, Blood Stain Child, Slowmotion Apocalypse, Destrage).
Un elenco non solo deputato al nozionismo, quest’ultimo, ma identificativo dello stile suonato dai Nostri, per l’appunto improntato su un death metal molto moderno, lontano per ciò dalle sue forme arcaiche giacché proiettato con decisione verso il futuro. Un futuro non così remoto come quello del cyber quindi abbastanza raggiungibile con la mente, benché ottenebrata dalle conseguenze dell’inverno nucleare; come ben rappresentato dal triste, solitario soggetto di copertina. Suoni freschi e attuali, allora, riconducibili al già menzionato, altrove (Rise To Fall, The Stranded, Nodrama), ‘modern melodeath’. In questo caso, magari meno ‘melo’ e più ‘death’: quel ‘modern metal’, insomma, che altri non sono che moderno death metal e moderno metalcore, presi assieme con predominanza del primo.
Del resto il trio di Giaveno, in onore al suo nome, pur non esagerando mai, avanza con potenza e decisione, pestando duro spesso e volentieri anche quando la melodia diventa vincente come capita in occasione dell’ottima “Die With Blood”. Un sound pieno, carnoso e possente, ben rimpolpato dall’erculeo lavoro del basso, una volta tanto non relegato a elemento di secondo piano. La predisposizione dei Fragore per i tempi medi o al massimo up, lasciando accuratamente da parte le esagerazioni dei blast-beats, si apprezza nel ‘tormentone’ “Resurrection Nemesis”, ben lontana da quello che si potrebbe definire ‘classica armonia’, ma talmente centrata nel ritornello da entrare nella scatola cranica per non uscirne più.
Non appare ancora essere stata raggiunta, però, la necessaria coesione tipologica fra le tracce. Si tratta di un fatto presumibilmente dovuto al tempo intercorso fra una composizione e l’altra (gli ultimi due brani, “White Dust” ed “Earth”, per esempio, sono rimasterizzati da “Armed”), per cui non pare ancora perfetto quell’amalgama stilistico che, al contrario, dovrebbe essere una caratteristica assodata in un album di questo livello. Si tratta tuttavia di un difetto che i Fragore recuperano in parte con la loro bravura di musicisti e di songwriter, poiché più di una song del platter è di ottima fattura, come le due più su menzionate. E come per esempio “Barrier”, il cui poderoso e ipnotico incedere ricorda il tuono delle macchine da guerra. Con questo pezzo, “The Reckoning” si addentra con maggior forza in un sound più aggressivo, ruvido, quasi thrash, come dimostra l’acida “Abominevole”, cantata in italiano. Così come “Sad People” si avvicina, con le sue clean vocals, contrapposte a un quasi sempiterno growling, a un death ricco di sinfonie e orchestrazioni; sino ad arrivare alla bluesggiante “I Am Evil”. Con che si comprende che non è facile fare la quadra a un sound così variabile, che pertanto rischia di sfilacciarsi un po’ troppo.
Ci ripensano però episodi come l’erculea “The System Has Failed” a riportare sulla retta via, almeno a parere di chi scrive, lo stile dei torinesi. Che, come talento principale, hanno proprio la capacità di tirare fuori, dai propri strumenti, un gran numero di watt. Una strada che andrebbe perseguita con maggiore determinazione e unità d’intenti, forse.
Daniele “dani66” D’Adamo
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