Recensione: The Reign Of The 7th Sector
Il death metal del III millennio ha assunto varie forme tentacolari, che in sempiterno movimento si abbracciano, si separano, sia allontanano, si avvicinano. Esattamente come la sua natura intrinseca, mai votata all’immobilismo compositivo e alla ripetizione di uno o pochi altri cliché.
Così, accanto a formazioni dall’età media inversamente proporzionale al periodo storico cui inquadrano il sotto-genere death (old school), ci sono ensemble che prendono alla lettera l’innegabile e travolgente evoluzione tecnologica che ha spinto l’informatica a livelli fantascientifici.
Come i finlandesi Whorion, nati nel 2009 e autori di un solo EP, “Fall Of Atlas” (2014), prima di questo “The Reign Of The 7th Sector” che, pertanto, assume le inequivocabili sembianze dell’Opera Prima.
In via preliminare, è bene evidenziare che lo stile dei Nostri non è né ‘cyber death metal’, né ‘symphonic death metal’. Piuttosto, si tratta di death metal modernissimo nella forma e nella sostanza che, quasi a voler raggiungere il lanciatissimo treno della filmografia di fantascienza, risorta dalla sue stesse polveri negli ultimi due/tre lustri.
L’impianto sonoro della musica del combo di Helsinki non presenta elementi di particolare innovazione e/o spunti progressisti, tuttavia si presta, quasi incredibilmente, a sostenere colonne sonore di science-fiction di stampo tecnologico/cibernetico, oppure di videogiochi ove l’horror futuro è il soggetto vincente. Le melodie pennellate dalle tastiere, addirittura sconfinanti nell’orchestrale, a volte, rappresentano il connubio ideale per completare in profondità la filosofia artistica del quintetto guidato da Ari Nieminen.
Attenzione, però, “The Reign Of The 7th Sector” non è soltanto un’ottima riproposizione del miglior melodic death metal (anche) a tema futurista ma, forse soprattutto, una micidiale macchina da guerra, come dimostrato tremende bordate che rispondono ai nomi di “When The Moon Bled” (devastante) e “Blood Of The Weak”. I riff sono massicci, durissimi, granitici, stoppati e compressi e dalla famigerata tecnica palm-muting; con il drumming che non si fa pregare per sforare come un proiettile l’inumana barriera dei blast-beats (“Forbidden Light”). Le coloratissime tavolozze delle keys dipingono pianeti, luoghi, paesaggi assolutamente alieni, inspessendo – senza mai uscire dai binari di un’equilibrata – un sound già possente (quasi) all’inverosimile (“Immaculate”: best song del disco).
“The Reign Of The 7th Sector” è un lavoro ancora acerbo ma dotato di spiccata personalità che ne fa la migliore qualità per un punto di partenza qual è. I Whorion hanno in sé un altissimo livello energetico, pronto a essere liberato. E, assieme ad esso, un’incoraggiante continuità nella linea immaginaria li rende, a oggi, uno delle formazioni meglio definite.
Daniele “dani66” D’Adamo