Recensione: The Reprobate
Il secondo capitolo discografico targato Firespawn è incentrato sulla malvagità, è ispirato a coloro che meritano il castigo di Dio: i reprobi. A due anni di distanza dal precedente “Shadow Realms” (qui la nostra recensione) il “supergruppo” svedese pubblica il feroce successore “The Reprobate” che non esita ad ingoiare anime smarrite in cerca di un autentico death scandinavo.
Dinanzi agli oscuri signori del gelido metal estremo che militano, o hanno militato, in band come Entombed, Necrophobic, Aeon, Dark Funeral, Unleashed, Six Feet Under, Witchery e Satyricon le aspettative prolificano come batteri tanto da rimanerne infetti durante l’ascolto del disco.
L’ingresso nell’infernale mondo dei Firespawn è accompagnato da un presagio sonoro sinistro travolto dall’atteso violento terremoto che sprigiona ‘Serpent Of The Ocean’. Il primo pezzo del nuovo album rimanda alle tipiche sonorità degli Amon Amarth che vengono attraversate dalle consuete ritmiche travolgenti e dal rabbioso growl di un LG Petrov in ottima forma.
Basta poco per ritrovarsi tra le fauci dell’affamato sultano demoniaco dell’artista Paolo Girardi che capeggia in copertina. I morsi efferati del quintetto svedese penetrano il respiro della vittima con un selvaggio death brutale che si consuma rapidamente nell’incontenibile ‘Blood Eagle’.
Nel putrido buio della cavità orale si respira il nauseante alito di perfidia appiccicato alla sofferenza che aleggia in questo castigo divino. Dalle luride fessure delle zanne affilate si scorgono angeli impalati e corpi inermi quando un’onda di sangue furioso riempie l’abisso oscuro. ‘Full Of Hate’ e ‘Damnatio Ad Bestias’ hanno l’impeto di una tempesta: blast beat possenti, riff accattivanti e ritornelli che, come aghi roventi, penetrano la mente trasformandosi in vere e proprie ossessioni.
L’ascolto è alquanto godibile e per niente arduo, Petrov e soci scaricano un death metal old-school infarcito da buoni assoli a sei corde, da atmosfere apocalittiche e da apprezzabili bagliori melodici che compaiono in ‘Death By Impalement’.
Il lussurioso intreccio finale di chitarre dell’ottima ‘Generals Creed’ è il degno lamento di un’anima che precipita nello stomaco di una creatura il cui scopo è solo ingurgitare perfidia da convertire in suoni brutali.
In un lago di acido infettivo, la gravida e moderata ‘The Whitechapel Murderer’ partorisce viscide sanguisughe che vengono saziate dalla delirante ‘A Patient Wolf’ in un ribollire di tossiche accelerazioni. La cadenzata title-track e la finale ‘Nightwalkers’ sono l’epilogo della digestione di un pasto disumano che continuerà all’infinito a causa di una contagiosa cupidigia che sta conquistando ogni uomo.
I Firespawn non inventano nulla di nuovo, non stravolgono nessun equilibrio, fanno semplicemente ciò che loro riesce meglio: nutrire quel dannato demone con un succulento ed eccelso swedish death metal.