Recensione: The Rise Of Resistance
Quarto album per i tedeschi Circle Of Silence, fautori di un power metal aggressivo, non troppo dissimile da quanto proposto dai connazionali Mystic Prophecy e Brainstorm, con influenze che strizzano l’occhio al metal americano degli Iced Earth. La prima parola che mi viene in mente per descrivere il disco al termine di vari ascolti è solido. Abbiamo infatti una release sicuramente massiccia, suonata e prodotta in modo estremamente professionale. Quello che si nota – e anche questo appare evidente dopo aver assimilato il disco – è la mancanza di originalità che purtroppo fa diminuire l’interesse nei confronti del combo teutonico. Se infatti ogni elemento funziona alla perfezione all’interno delle composizioni di questo The Rise of Resistance, dalla ritmiche serrate al cantato aggressivo di Niklas Keim, non ci sono neanche episodi così elevati da risultare memorabili.
Molto buona l’opener Blood of Enemies, veloce e d’impatto come vuole la migliore tradizione del genere. Un’altra martellata è la seguente Eyes of Anarchy, in cui melodia e aggressività si mischiano in un connubio molto piacevole. Uno dei pezzi migliori è a mio avviso Nothing Shall Remain, in cui la strofa cadenzata confluisce in un ritornello orecchiabile e di facile assimilazione. Ancora più estrema è One Moment Of Hate che dopo una sfuriata iniziale rallenta nel refrain. Anche questo un brano di sicuro ben riuscito. Si va avanti con le tracce ma la formula non cambia: An Oncoming Storm è l’ennesimo assalto all’arma bianca. Occorre aspettare la melodica Mind Conspiracy per registrare un cambiamento di tenore, infatti è uno di quei brani che mi è rimasto impresso fin dai primi ascolti. Si torna a picchiare con In The Absence Of Your God e We Rise, canzoni di sicuro piacevoli ma che tendono un po’ a perdersi a causa delle ripetitività della proposta dei nostri. La band mischia le carte con The Final Chapter, buon pezzo, qualitativamente innalzato dalla prova vocale di Keim. Discrete anche Slave To The Greed Machine e Reborn From Darkness, anche se, arrivati a questo punto, l’impressione di già sentito comincia a farsi insistente. Mi è piaciuto parecchio invece il brano conclusivo, The Architect Of Immortality, in cui la band dimostra di avere le capacità di creare qualcosa di buono che vada fuori dagli schemi classici. Melodica e oscura al tempo stesso, direi che i Circle Of Silence non potevano scegliere un pezzo migliore per chiudere l’album.
Come dicevo in apertura, The Rise Of Resistance è di sicuro un buon disco, ma che fatica a ritagliarsi uno spazio di spicco all’interno di una scena sempre più affollata. E se di sicuro potrà piacere agli appassionati del genere, dubito che si possa considerare una release longeva.
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