Recensione: The Roundhouse Tapes
Con The Roundhouse Tapes gli Opeth riempiono l’unica
casella della loro nutrita discografia rimasta ancora vacante: un live album. Un
doppio live album per la precisione, registrato in occasione della data
londinese al Camden Roadhouse del 9 novembre 2006, che si presenta, come
ormai di consueto per la band di Stoccolma, con uno splendido artwork curato da
Travis Smith.
Comincio subito a dire che il giudizio di fronte a un’opera del genere non può
che essere positivo (per i motivi che leggerete fra poco), ma per quantificare
questa positività con una effettiva valutazione, bisogna per forza di cose
fermarsi a ragionare su due parametri che, purtroppo, hanno gravato sul giudizio
finale. Per prima cosa, facendo un paragone con l’unica pubblicazione -sino ad
ora- di un live degli Opeth, lo splendido dvd
Lamentations,
dobbiamo affermare che The Roundhouse Tapes ne esce leggermente
ridimensionato, non potendo quest’ultimo godere di una registrazione audio
perfetta come il primo. Niente di così “scandaloso” sia chiaro, ma da una band
come gli Opeth ci si aspetta sempre il meglio sotto ogni punto di vista,
e i nostri in questa occasione non sembrano essersi messi al pari con il loro
standard. Secondariamente, non si può provare un leggero disappunto nello
scorrere una tracklist che poteva essere ben più generosa nei confronti dei
sostenitori, con la presenza di solo tre canzoni nel secondo cd. Questi due
appunti rimangono comunque delle imperfezioni che potrebbero facilmente essere
sovvertite. Da un lato si potrebbe dire che una produzione “sporca” (notare le
virgolette) ci può stare nel contesto di un live, per di più lodando in nostri
nel non aver intaccato con sovraincisioni la propria performance, dall’altro si
potrebbe dire che nonostante il numero limitato di pezzi, il minutaggio di
The Roundhouse Tapes è comunque corposo e soddisfacente, specialmente
tenendo ben presente la lunghezza media di un pezzo degli Opeth. Del
resto è lo stesso Åkerfeldt che ci avvisa che non sarà un’esibizione
speciale, ma solamente una “pretty much ordinary gig… like any gig”,
impreziosita da una serie di classici storici che i sostenitori degli Opeth
attendevano in un live album da tempo immemore ormai.
Dunque dipende da voi se accogliere entusiasticamente o meno The
Roundhouse Tapes, che, al di là di qualsiasi discorso, rimane l’ennesima
testimonianza di una band fuori dal comune. Un live che dal punto di vista
esecutivo non accetta alcun tipo di critiche, con un Åkerfeldt a dir poco
sontuoso e con il nuovo arrivato Martin Axenrot che non fa rimpiangere
troppo Lopez, con una prestazione senza sbavature, decisamente più
convincente delle sue ultime esibizioni italiane a cui ho assistito. A
differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, il live parte subito in quarta
con When (da
My Arms, Your
Hearse), a cui segue una splendida Ghost of Perdition, estratta
dall’ultimo
Ghost Reveries, lasciando fortunatamente in disparte i siparietti tra un
brano e l’altro tanto cari a Mikael. Prosegue l’operazione amarcord con
Under the Weeping Moon, con le sue lyrics “absolute black metal
nonsense”, semplicemente eccezionale, come del resto Bleak, il brano
in cui Per Wiberg riesce a fondersi meglio col resto del gruppo, e la
commovente Face of Melinda. A conclusione del primo disco, troviamo
un’altro gioiello, The Night and the Silent Water, dal capolavoro
Morningrise,
testimonianza degli Opeth che furono e che, con un pizzico di nostalgia,
non saranno mai più. Stesso copione per il secondo disco, band che gira a
meraviglia, ed emozioni copiose con Windowpane per chiudere col botto con
due colossi come Blackwater Park e Demon of the Fall, congedandosi
col pubblico con la promessa di ritornare con un nuovo disco, tutt’ora in
lavorazione.
Un’uscita che può contare su un saldo decisamente positivo, che con un pizzico
di accortezza in più avrebbe potuto diventare ancor più prezioso, come ad
esempio l’inutile digressione di oltre sei minuti dopo Blackwater Park,
in cui Mikael presenta la band al pubblico… tempo prezioso che poteva
essere speso in modo più intelligente. The Roundhouse Tapes rimane
comunque un acquisto obbligatorio per tutti i fan, specialmente perchè rimarrà
l’ultima uscita in cui compare ancora Peter Lindgren, e un’ottima
occasione per poter scoprire una delle migliori formazioni che la musica metal
possa vantare.
Stefano Risso
Tracklist Disco 1:
1. When
2. Ghost of Perdition
3. Under the Weeping Moon
4. Bleak
5. Face of Melinda
6. The Night and the Silent Water
Tracklist Disco 2:
1. Windowpane
2. Blackwater Park
3. Demon of the Fall