Recensione: The Same Old Demons
Secondo disco per la compagine tedesca che risponde al nome di Calamus e che aveva già fronteggiato l’esperienza della prima release ufficiale con ‘These Days’.
Da allora non è cambiato molto, e anzi i Calamus sembrano piuttosto inamovibili da siti che già avevano fatto propri con il debut album. Il punto fisso restano i Kyuss, la cui eredità domina senza alcun dubbio tutta la vena di song-writing e di esecuzione strumentale. Il sound non si sposta di un millimetro per tutto l’album, soltanto alcune parti acustiche sembrano godere di un minimo di personalità. Sopra le righe di un album tremendamente omogeneo soltanto l’opener Ride the Night e la conclusiva strumentale Devil’s Run, quest’ultima con ritmiche di scuola Knack e un riffing più dinamico e talvolta quasi settantiano.
Un disco che potrebbe allargare un po’ le vedute di chi trova terribilmente seducenti i Queens of the Stone Age, ma che agli altri (sottoscritto compreso) lascerà quella sensazione di monotono propria di quell’hard rock più o meno alternativo di stampo moderno.
Insomma niente di nuovo sotto il sole: i Calamus, come da titolo, rievocano gli stessi vecchi demoni che in passato avevano dominato il genere. Lo fanno senza peccare nella trasposizione e nell’esecuzione, ma oltre a questo davvero non vanno.
Tracklist:
1. Ride The Night
2. Once More
3. Make You Cry
4. Who’s Gonna Lie To Me
5. Speed Queen
6. All Fear
7. Six Feet Down
8. Sunshine
9. Devil’s Run
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini