Recensione: The Scarlet Procession
Insomma, insomma, sembra che dopo alcuni anni spesi a cercare nel deserto dell’underground più sotterraneo, ancorché non del tutto marcio, inizi a riservare delle piacevoli scoperte. Prendiamo ad esempio i Crafter of Gods, gruppo nato in quel di Treviso. Anzitutto altra sorpresa, in 26 anni di vita a Udine, come band proveniente dalle rive del Sile, avevo sentito solo i Radiofiera. Ad ogni modo, i Crafter nascono nel 2007 e giungono oggi, dopo innumeri cambi di line-up, al secondo Ep.
Invero, definire “The scarlet Procession” un Ep pare assai riduttivo. Sebbene sia costituito di 5 sole canzoni, dall’altro lato tutti pezzi si attestano attorno ai sette minuti, sicché il prodotto va abbastanza vicino ai 40 complessivi.
Tralasciamo ad ogni modo le statistiche e veniamo alla musica. Perché anche qui di sorprese ce ne sono. I nostri fanno non tanto qualcosa di innovativo, quanto qualcosa che non si sentiva, purtroppo, da tempo. Trattasi di gothic metal, ma non quello stile Evanescence o Lacuna Coil fatto di voce femminile eterea e riff melodic death.
No. trattasi di gothic metal sinfonico, quello articolato, contaminato un po’ di black e un po’ di prog, in cui tre voci, growl, clean femminile e maschile si alternano con gran maestria e senza sbrodolare l’una addosso all’altra.
Insomma, i nostri propongono la gran pompa dei Tristania (i primi Tristania), mischiata alla melodia dei meglio Lacuna coil. Hai detto poco. Oltre a questo, si segnalano anche certimomenti di grezzura gratuita, che a chi scrive fanno venire in mente gli Shining svedesi nei momenti di maggior trucidità intellettuale.
Insomma, si definisce un sound estremamente strutturate, eppure guidato magistralmente dalle voci pulite, che tengono viva l’attenzione ed evitano di far scadere l’album in momenti prolissi.
Risulta piuttosto difficile scegliere tra le cinque composizioni alcuni episodi migliori. La stratificazione sonora, i cambi di ritmo ed atmosfera, non compromettono l’omogeneità del disco, che dunque si rivela compatto ed anche per questo, riuscito.
Ogni tanto qualche sbavatura c’è, ogni tanto un po’ di cura non avrebbe fatto male, dall’altro lato la qualità dell’audio non è altissima. E strano a dirsi, ma si tratta di un elemento che va a vantaggio della band. Probabilmente queste atmosfere toccano le corde nostalgiche del sottoscritto più che ad altri, fatto sta che la sensazione è quella di essere ripiombati nel 1997, quando Tristania, Theatre of Tragedy e parecchi altri – che non stiamo a citare onde evitare malesseri e Sensucht vari – dominavano il mondo (ehm… beh, dai, insomma, erano affermati e famosi in ambito metal) con album complessi e genuini.
Sicché, non potendo tornare a quell’anno, ed essendo fuori dubbio che quel gothic metal è considerato sorpassato dai più, accontentiamoci (e parecchio), di questo curioso “The scarlet Procession”, un graditissimo fuoriprogramma.