Recensione: The Screaming Of The Valkyries

Nel roster delle band black metal ce ne sono alcune che sono destinate a far discutere: tra queste, i Cradle of Filth. Vuoi per la lunga carriera – la band si è formata ad Ipswich nel lontano ’91, abbracciando, quindi, diverse generazioni di fans – vuoi per i numerosi cambi di line-up, vuoi per le scelte artistiche e compositive talvolta discutibili, i vampiri inglesi spesso sono stati oggetto di aspre critiche e fideisti elogi. Ma anche la natura stessa della loro musica li porta ad essere discussi e discutibili: hanno creato una perfetta sintesi tra black metal, death, gothic e symphonic che da un lato, scontenta i puristi del genere, ma dall’altro ne attrae degli altri, poiché i nostri hanno plasmato un sound che li caratterizza e li contraddistingue, spesso emulato – altra attitudine che contraddistingue i grandi – di cui mai è stata equiparata la grandezza. E poi c’è lui, un frontman eccezionale ed probabilmente il più grande cantante della storia del metal estremo, Dani Filth: eccentrico, spigoloso, artista magniloquente, con capacità di scrittura degne dei migliori autori del passato.
Li avevamo lasciati due anni fa con Trouble And Their Double Lives, una raccolta dei migliori successi live dei Cradle of Filth con due inediti: e, sebbene fosse dal lontano 2002 che la band non pubblicava un live-album, è anche vero che spesso, come le raccolte, queste uscite rappresentano un cambiamento. Ed effettivamente, un anno prima, c’era stato un doppio avvicendamento nella line-up che aveva partorito Existence Is Futile, ultimo lavoro in studio: escono Richard Shaw e Anabelle Iratni – rispettivamente chitarrista e tastierista/voce – per fare spazio a Donny Burbage e Zoe Marie Federoff.
L’artwork, come sempre, è di grande impatto e fonte d’ispirazione di numerosi prodotti di merchandising: un’immagine di una valchiria – riconoscibile dalla lancia che tiene nella mano, dall’abito e dal copricapo alato – a cui si sono sovrapposte diverse figure della stessa, che sembrano quasi rappresentare le sue diverse anime.
The Screaming Of The Valkyries è il quattordicesimo full-length dei vampiri, e si compone di nove tracce per un minutaggio di poco inferiore all’ora, quindi, una discreta durata. E proprio a partire dal primo brano, c’è una novità: la mancanza di un brano introduttivo e d’atmosfera. Non una novità in senso assoluto, sia chiaro, perché già in Darkly, Darkly, Venus Aversa e Cryptoriana – The Seductiveness of Decay avevamo avuto modo di sperimentare questa nuova struttura. Manca, quindi, l’intro che ci conduce per mano attraverso il viaggio nel loro mondo di oscurità e romantica decadenza, anche se si ha un’illusione con To Live Deliciously i cui primi secondi fanno pensare proprio alle classiche aperture, salvo poi essere sopresi dalle successive note, più dure e veloci, in quello che rappresenta un classico brano della band. Anche Demamoguery ha una sua brevissima intro, ed è costruito sulle capacità ritmiche e armoniche della band; The Trinity Of Shadows ripercorre le intenzioni del suo predecessore dando più aria alle chitarre e sonorità heavy. Più melodica ed orecchiabile ma senza mordente, invece, Non Omnis Moriar, una Nymphetamine che non ce l’ha fatta, in cui comunque si ritaglia uno spazio Zoe Federoff, una candida e soave voce che genera contrasto con quella più oscura di Dani Filth. Di altro spessore White Hellebore, che affonda le radici su una struttura convincente, cattiva, pungente, impreziosita dal ritornello di Zoe. Le atmosfere si fanno più gotiche in You Are My Nautilus in cui possiamo apprezzare i passaggi da growl a screaming di Dani Filth, che hanno caratterizzato gran parte della discografia della band: bello quanto ridondante l’assolo, utile alla ricerca del bello come un raggio di sole ad un vampiro. Malignant Perfection è stato il primo singolo del disco, una carezza, in cui Dani Filth sussurra di morte all’orecchio di chi ascolta, con un’altra convincente prova di Zoe, sia alla tastiera che come voce: un classico singolo dei Cradle. Ex Sanguine Draculae ha sonorità più trash, mantenendo una certa cattiveria che contraddistingue il sound della band, struttura convincente, un riff principale importante in cui emergono tutti i principali caratteristiche della band, nonostante un passaggio centrale non proprio convincente, con dei riff molto cattivi, quasi trash, che mal si amalgamano con la voce di Dani Filth. Chiude la confusionaria When Misery Was A Stranger un brano costruito su solide basi melodiche, grazie all’accoppiata Federoff-Filth che risulta particolarmente affiatata, musicalmente poco lineare, ma che si riprende alla grande verso la parte finale della canzone, in cui emerge la vera natura della band.
Passiamo alle conclusioni. La qualità compositiva, è fuori discussione: i Cradle of Filth sono una band capace, composta da validissimi musicisti, che sanno creare delle atmosfere uniche, e in linea con la loro gloriosa discografia; tuttavia alcuni dettagli sembrano far uscire questo The Screaming Of The Valkyries fuori dal tracciato. L’utilizzo sistematico degli assoli, ad esempio – maggiore di quanto fatto in passato – è qualcosa che da un lato esalta l’indiscutibile virtuosismo tecnico di Skaroupka, ma dall’altro penalizza il risultato “estetico” e la ricerca del bello, attraverso quello che è stato il percorso dei nostri fino a questo momento, snaturandone le caratterizzanti e le atmosfere che hanno resi famosi. Discorso opposto, invece, per la ritmica, che sembra essere penalizzata da un eccessivo groove.
Di contro, l’ingresso di Zoe Marie Federoff rappresenta un valore sia per le parti di tastiera che per quelle vocali, con delle melodie molto efficaci, continuando su quel percorso di contrapposizione tra luce ed ombra, che negli anni è diventato sempre più presente.
Ci sono diversi passaggi interessanti, ma altrettante lacune – o meglio scelte artistiche che sembrano avventate – assemblate male tra loro creando un livellamento verso il basso di questo disco. Un esempio? L’assolo ridondante di You Are My Nautilus, bellissimo, ma per certi versi “fuori contesto” portando su binari heavy il brano; oppure la parte centrale di Ex sanguine Draculae, che va a inquinare una struttura solida e convincente.
Le valutazioni su The Screaming Of The Valkyries potrebbero essere diverse e contrastanti tra loro, molto dipenderà da cosa vi ha spinto a seguire i Cradle, da quale album vi ha fatto avvicinare a loro: l’opinione sarà molto positiva, se li avete conosciuti con Nymphetamine, di contro se i primi dischi ascoltati sono stati Dusk and Her Embrace e The Cruelty And The Beast vi conviene, facendo appello ad una certa dose di speranza, passare direttamente al prossimo album.
Ricollegandoci all’incipit della recensione, è comunque destino dei grandi dividere. E malgrado questo lavoro, i Cradle of Filth, sono grandi.