Recensione: The Scythe
Il cambiamento era nell’aria.
Se ne discuteva già da alcuni mesi, sin dall’apparire sul sito ufficiale della stupenda copertina, raffigurante la morte con viso di fanciulla nel bel mezzo di un lugubre cimitero. Confermavano l’impressione i sample su Myspace e le due canzoni complete messe a disposizione dei fan: “The Scythe” e “The Divided Heart“.
Addio al folk? Conversione all’heavy? O forse addirittura al death metal?
Il rischio di fallire era tremendo, silenziosa la preoccupazione si faceva strada nei cuori: come non ricordare le delusioni dei più di fronte a “Unia”? Oppure “A Matter of Life and Death”?. Anche gli Elvenking si erano messi sulla via della sperimentazione più ardita, rinnegando le proprie origini?
La risposta è qui tra le mie mani: i fan possono stare tranquilli. Il cambiamento c’è, ma non è così drastico. Il cd che mi trovo a recensire è anzi il migliore della band italiana, sotto tutti gli aspetti considerabili. E la tradizione non è affatto rinnegata: è certo che la peculiare “allegria”, almeno esteriore, che contraddistingueva il sound della band, in questo nuovo lavoro si alterna a correnti molto, ma molto più cupe. Ma il violino di Elyghen è ancora lì a ricordarci i begli anni trascorsi e ad accattivarsi le simpatie dei più nostalgici, anche stavolta. E ancora di più: le quattro corde, così atipiche nel metal e così distintive degli elfi nostrani, sono il vero fulcro attorno a cui ruota la falce della morte di questo “The Scythe“. Alcuni esempi? Gli attacchi di “Lost Hill of Memories” e “Infection“, stupendi nella loro nera melodia; o il fantastico solo di “A Riddle Of Stars“, dove gli Elvenking sperimentano un azzeccatissimo unisono tra chitarra distorta e pizzicato di violino.
Ma dunque come “suona” questo cd? Fondamentalmente, power. Uno dei migliori in circolazione in questo 2007. Lo testimoniano “Poison Tears” e “Death and the Suffering” coi loro ritornelli ariosi e cantabili. Ma le strizzatine d’occhio agli altri generi sono moltissime, e sempre centrate in pieno: heavy metal classico nella hit “The Divided Heart” (corredata da un video struggente, evocativo e assai tetro), death metal alla “In Flames” nei passaggi in growl e scream sparsi preaticamente ovunque, o addirittura gothic-black nei sussurrati alla Dani Filth di “Romance & Wrath”. E, ovviamente, folk: non tanto nell’insipida strumentale “Totentanz“, ma in ogni momento, a dare un gusto etnico e una matrice tipicamente Elvenking al lavoro. Se si volesse esagerare, si potrebbero notare cadenze “bodomiane” nella conclusiva “Dominhate“, o un suggestivo uso delle dissonanze più ardite, forse di matrice progressive.
Ce n’è davvero per tutti i gusti. E questo è il bello di “The Scythe”: sembra che finalmente i nostri siano riusciti a scrollarsi di dosso la patina di provincialismo che, in lavori pur ottimi, li accompagnava ancora. La produzione è finalmente professionale, la scelta dei Finnvox Studios (Stratovarius e Sonata Arctica fra gli altri) non tradisce. Oltre a ciò, l’ottimo meccanismo commerciale messo in atto dall’AFM records, il video, l’artwork, la presenza in festival sempre più importanti. Spero di non sbagliarmi nell’affermare che questo cd è il definitivo salto di qualità di una band pronta ad affrontare a testa alta la scena musicale internazionale.
Cosa aggiungere ancora? Un cenno lo meritano le introduzioni in rima che ci guidano all’ascolto, canzone dopo canzone: un vero e proprio “decalogo della morte”, affrontato con estrema coerenza stilistica e senza mai alcun cedimento reale; bensì ascendendo in vari momenti nei cieli della pura poesia. Questa è musica, gente!
E i difetti (pochi) dove stanno? Mi dispiace davvero dover sottolineare questo fatto, ma la pecca è ancora lì: la voce di Damnagoras. Il timbro è sempre un po’ calante, un po’ roco, un po’ troppo imperfetto. Per non parlare di certi passaggi di cantato sporco che ai puristi dei generi estremi potranno parere perfino ridicoli. Tant’è: c’è da sottolineare tuttavia che questo nuovo modo di scrivere le canzoni mette in mostra una certa versatilità del cantante, che si distingue comunque sempre per un’immensa passione ed incisività. Nei suoi pregi e difetti, oggi come non mai è un elemento insostituibile per gli Elvenking.
Se si volesse cercare proprio il pelo nell’uovo, si potrebbe anche obiettare che manca una vera hit in questo lavoro: ma all’assenza di una nuova “Pagan Purity” o “On the Morning Dew” che sia, risponde un cd di una compattezza e bellezza complessiva davvero esaltante, colmo di idee e spunti che lasciano presagire un futuro immenso.
Lo ammetto, mi aspettavo di tutto; e soprattutto temevo… Ma ora lo posso dire, con immenso piacere: mi sbagliavo. Giù il cappello agli elfi italiani!
Mattia Di Lorenzo
Tracklist:
1. The Scythe
2. Lost Hill of Memories
3. Infection
4. Poison Tears
5. A Riddle of Stars
6. Romance & Wrath
7. The Divided Heart
8. Horns Ablaze (limited ed. bonus track)
9. Totentanz
10. Death and the Suffering
11. Dominhate