Recensione: The Seal Of Madness
Chiudere gli occhi, abbandonarsi alla musica e giudicarla solo alla fine dell’ascolto, senza leggere preventivamente titoli, note del booklet ma soprattutto la provenienza anagrafica della band che l’ha realizzata. The Seal Of Madness, il debutto dei ferraresi e italianissimi Asgard, merita un siffatto esercizio.
Attivi dall’aprile del 2004 i Nostri si fanno strada nelle terre paludate dell’underground sgomitando alla grande grazie a un paio di vincenti demo che permettono di far circolare il Loro nome e poter così aprire in diverse occasioni live per nientepopodimeno che Grim Reaper, Flotsam & Jetsam, Praying Mantis, Sabotage e Pino Scotto.
The Seal Of Madness, missato e registrato presso i Domination Studios da Simone Mularoni, non poteva scegliere di aprirsi meglio che con Disciples, brano che spacca quanto deve e dà un’idea precisa di cosa ci si possa aspettare dagli Asgard 2011: velocità, voce assassina e una band compatta che crede fino all’ultima goccia di sudore in quello che fa. Quindi accelerazioni, bridge con il “gancio” giusto e un songwriting da ensemble navigato, nonostante i “soli” sette anni di vita alle spalle. Impossibile non associare i cinque ferraresi agli Agent Steel, per via della voce al vetriolo di Federico “Mace” Mazza che si conferma assoluto mattatore anche nella seconda traccia, I Spit on your Hands, un chiaro tributo agli immensi Crazy Canucks Exciter. Godere di un gruppo italiano che si rifà ai Grave Digger con diligenza fa sempre piacere, nella fattispecie i Nostri emulano i tedeschi con il piede premuto a fondo sull’acceleratore, vedasi alla voce The Seal of Madness, traccia numero tre, dall’ottimo hook annegato nel refrain micidiale.
With Your Shield or On It è più cadenzata e porge la guancia all’HM tradizionale su di un costrutto a la Iron Maiden senza per questo sbragare di un solo centimetro dalla strada maestra. Grande coro per un altro prezioso tassello all’interno dell’album. Sezione ritmica Reno/Rudy incessante – come se fosse una novità in casa Asgard – in Army of Darkness, traccia che richiama l’enfasi eroica della Vergine di Ferro di Londra. Furia cieca in Fury of the Night, ovviamente… e ancora grandissimi riff persistenti a sorreggere un impianto-canzone forgiato nell’acciaio canadese marchiato Ottawa.
The Age of Steel, classico titolo per un gruppo che si chiama Asgard, non tradisce le attese a suon di legnate di HM classico a metà fra i Queensryche (Mace richiama Tate a più riprese) e Running Wild vecchia maniera. I cinque metalhead “non mollano il mazzo” nemmeno non la traccia numero otto, Hellbreaker, ennesima prova di velocità e cattiveria esecutiva all’insegna del Metallo veloce.
Chiusura affidata all’immensa Asgard Invasion, canzone corroborata dal basso sufficientemente marcio di Reno e le chitarre chirurgiche del bicilindrico Penoncini Bros. Un superbo inno in stile Overkill che non lascia prigionieri, come ben sa chi ha già visto gli Asgard dal vivo. Il manifesto dei ferraresi, ma non solo. Un canzone che resterà nella storia del Nostro caro Metallo a tre colori.
Ci vuole coraggio per costruire un disco di sostanziale Speed Metal che evita di fare gli occhi dolci a qualche altro genere che probabilmente tira un poco di più in questo momento. Gli Asgard “pestano” – e pestano bene, proprio qui sta il punto – dal primo minuto fino all’ultimo, alla faccia di certa presunta intellighenzia del Metallo che talvolta pretenderebbe un poco di grazia.
Palma d’oro a Giuliano Mazzardi, autentico mallevadore dell’HM italiano, per aver dato spazio e fiducia a uno dei gruppi più promettenti del panorama duro della penisola.
Horns Up!
PS: aprire pure gli occhi.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. Disciples
2. I Spit On Your Hands
3. The Seal Of Madness
4. With Your Shield Or On It
5. Army Of Darkness
6. Fury Of The Night
7. The Age Of Steel
8. Hellbreaker
9. Asgard Invasion
Line-up:
Federico “Mace” Mazza – vocals
Renato “Reno” Chiccoli – bass
Alberto Penoncini – guitar
Davide Penoncini – guitar
Rudy Mariani – drums