Recensione: The Second Coming
Il computer in ogni casa ed il collegamento ad internet hanno cambiato la nostra vita quasi quanto la scoperta del fuoco o della ruota, non in modo così repentino, ma piano piano, inesorabilmente.
Di esempi importanti ce ne sono a migliaia, in questa sede, però, ne citiamo solamente uno: l’approccio all’ascolto della musica.
Oggi, con la disponibilità delle varie piattaforme in streaming, si può ascoltare veramente di tutto, senza alcun impegno ed in tutta tranquillità.
Non è più necessario convincere il proprio negoziante di fiducia a sfasciare il disco che si vorrebbe comprare per poterne ascoltarne qualche frammento o effettuare ordini a scatola chiusa sulla base di belle copertine e recensioni lette, od, ancora, approfittare degli amici che ce l’hanno già.
Oggi “basta un click” e si ha accesso a qualsiasi cosa. Basta pensare ad un titolo e questo, in rete, sicuramente c’è …
Lasciando stare il discorso sulle ripercussioni sociali e psicologiche causate da tutto questo (i social sono i fenomeni meno social, ecc.), potendo ‘sentire’ di tutto si rischia di ‘ascoltare’ molto meno: si prende un album, si comincia con la prima traccia, se dopo qualche secondo non ci convince si passa alla seconda, poi alla terza … e via … se non piace si cambia subito e lo si lascia perdere … tanto c’è una scelta infinita.
Prima, solo perché il disco lo aspettavi e finalmente lo compravi, lo ascoltavi per intero e se non ti prendeva subito lo mettevi comunque su un’altra volta e poi un’altra ancora, entrando nella sua storia e, magari, scoprendo nuove sensazioni ed emozioni che alla prima erano rimaste celate.
Non ho nessun titolo, né presunzione, per dire se era meglio prima o adesso … ciascuno è figlio del proprio tempo, però penso che ad oggi scrivere dei pezzi lunghi e articolati, di più difficile assimilazione e bisognosi, quindi, di più pazienza, sia più rischioso rispetto al passato.
Se Spotify, Bandcamp e Youtube (giusto per citare tre nomi) fossero esistiti negli anni ’70 che impatto avrebbero avuto una ‘Supper’s Ready’ (Genesis – 1972), una ‘Shine On Your Crazy Diamond’ (Pink Floyd – 1975) od una ‘Thick Aa Brick’ (Jethro Tull – 1972)? E nel 1984, gli Iron Maiden avrebbero avuto il coraggio di scrivere quel capolavoro dell’Heavy Metal che è ‘The Rime of the Ancient Mariner’?
Tutto questo pistolotto, forse anche un po’ noioso, per dire che ‘The Second Coming’, nuovo album dei nostri Circus Nebula, rappresenta una vera sfida alla normale tendenza di oggi con un brano in apertura di ben 23,12 minuti e diviso in sette parti concatenate.
Band emiliana di ‘antica storia’ (è nata nel lontano 1988), il suo schema è quello di non averne, come aveva già dimostrato con il primo Platter dall’omonimo titolo del 2017.
Con ‘The Second Coming’, nuovamente prodotto da Andromeda Relix e disponibile dal 1 luglio 2022, esagera il concetto. I brani di cui sopra non sono stati citati a caso: l’album è intriso di una miriade di sonorità dell’ambiente Rock, che vanno dal fine Progressive al disturbante Psichedelico, dall’Hard Rock più sporco al classico Heavy Metal, messi sotto il manto scuro di un inquietante blues per diventare un unico genere, dimostrando che, alla fine, di Rock ce n’è uno: quello buono. Il resto sono solo nomi.
Ed il Rock di quest’album altro che se è buono, con i brani ben bilanciati nel loro incedere.
La sinfonia di ‘Jerusalem’s lot’, il primo lungo brano, appunto, ci fa immergere in un turbine di sensazioni: dal senso di mistero che ci assale all’inizio, alla folle rabbia, allo scatenarsi di forze ribelli, all’esplosione improvvisa di luce che poi si tramuta in una spaventosa inquietudine, che diventa prima terrore … ma poi serenità … interrotta poi dall’assalto di mille cavalieri e tanto altro ancora … fino al finale selvaggio e roccioso. Una mini opera completa con riff e melodie che s’inseguono, si abbracciano e si compenetrano, dando vita ad un moto sonoro evidente ma allo stesso tempo imprevedibile e ribelle. Un azzardo … riuscito.
‘Burn Witch Burn’, dal titolo atavico, ci proietta nella confusione e poi nella violenza di un ridondante riff metallico e massiccio che accompagna delle strofe incisive e furenti, con effetti elettronici disturbanti che amplificano l’ansia.
‘Coulrophobia’ è un folle assalto all’arma bianca che non si ferma.
Il flauto in apertura di ‘Sleepin’ Gods Lie’ ci fa entrare dentro un sogno dai contorni sfumati. L’acidità e la forza di cui è intrisa fanno immaginare i Doors che suonano assieme ai Black Sabbath.
‘Age of Reckoning’ è inquietudine allo stato puro, forsennata nel suo tiro determinato.
L’eclettismo di ‘Burnin’ Tree’ chiude in modo pesante. Nella prima parte la collera della voce si contrappone al nero Dark Sound della musica, con un refrain romantico che si allaccia alla successiva sezione Prog, intrisa di pianoforte ed orchestrazioni ad ampio respiro che lanciano un segnale di speranza. Gran pezzo, molto suggestivo.
Ho scelto di ascoltare ‘The Second Coming’ inizialmente per curiosità: il promo descrive l’anima della band come il punto d’incontro tra i Black Sabbath, i primi Pink Floyd, il cinema horror ed il Rock degli Stooges … l’interesse si è acceso immediatamente.
Nella realtà, i Circus Nebula sono ancora di più: raffinati quanto selvaggi, passionali quanto cupi e malsani come il peggior posto dell’inferno, in questo album sono riusciti ad esprimere tanto, trasportando le loro infinite influenze dentro un sound personale, dai tratti antichi ma al contempo moderno, principalmente trascinante e, soprattutto, vivo.
Aspettiamo, con vero interesse, il prossimo lavoro.