Recensione: The Second Monologue

Di Riccardo Angelini - 11 Febbraio 2006 - 0:00
The Second Monologue

Secondo demo per i norvegesi Pedestrians of Blue, band dal potenziale cristallino determinata a dimostrare come sia possibile rinnovare con stile il mondo dell’hard rock senza per questo scadere nel banale, nel già sentito o nel commerciale. In soli tre brani questi ragazzi hanno saputo riassumere efficacemente i caratteri salienti del loro stile, sfoggiando accanto a una preparazione tecnica maiuscola una personalità invidiabile per una formazione agli esordi.

Veniamo subito al sodo: i tredici minuti di durata del demo, confezionato e registrato in modo estremamente professionale, offrono un rock melodico, talvolta tendente all’AOR, ringalluzzito da chitarre rocciose e screziato da venature elettroniche intelligenti e mai invasive. Proprio queste ultime si annunciano tra le peculiarità più interessanti della band, particolarmente apprezzabili anche da parte di chi (come il sottoscritto) non stravede per l’abuso della programmazione in musica, grazie a un dosaggio calibrato e a un finissimo gusto per gli arrangiamenti.
“Melodia” rimane comunque la parola d’ordine, affidata prevalentemente alle linee vocali del tastierista Johannes Stole, mentre all’eclettica chitarra di Torfinn Sirnes tocca il compito di escogitare riff corposi e muscolari, adagiati su un’ossatura ritmica solida e tutt’altro che monotona. Non mancano neppure un paio di stacchi di gusto più orchestrale inseriti di tanto in tanto a spezzare la continuità dei singoli brani – è il caso della magnetica e velatamente oscura Father & Son. Proposta musicale e qualità sonora si mantengono a livelli elevati e costanti dal primo istante all’ultimo; ciò rende ardua la preferenza di un brano sugli altri, il che è senza dubbio un bene, anche se probabilmente l’opener The Garden riesce a emergere, seppur di poco, sulle due sorelle.

Per quanto breve, l’incontro con i Pedestrians of Blue lascia l’impressione di una band ormai pronta al debutto, già in possesso di una propria identità e potenzialmente in grado di riscuotere i favori di un pubblico decisamente ampio. Resta da vedere se i polmoni di questi giovani scandinavi siano in grado di mantenere altrettante prestanza su un percorso di maggior durata – come quello di un full-length – ma il materiale qui esibito dà tutte le ragioni di sperare per il meglio. Gli amanti del rock melodico sono avvertiti: teneteli d’occhio, presto ne sentiremo parlare di nuovo.

Tracklist:
1. The Garden (4:13)
2. Father & Son (4:30)
3. World of Things (4:37)